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Cosa ti dice il cuore

Sebbene la frequenza cardiaca sia spesso utilizzata per definire l’intensità dell’allenamento, la stessa può anche darti preziose informazioni sull’efficacia del recupero, dell’idratazione, della nutrizione e altro ancora.

Spunto preso ed adattato da Training Peaks, al fondo della pagina il link dell’articolo originale

Come allenatore, presto attenzione alla frequenza cardiaca dei miei atleti per qualcosa di più che identificare le zone di intensità dell’allenamento. Posso osservare ciò che la frequenza cardiaca ci dice sul recupero, la progressione della forma fisica, il benessere generale e l’efficacia dei piani di alimentazione e idratazione. Capire cosa comunica la tua frequenza cardiaca può aiutarti a prendere delle decisioni per adattare al meglio il tuo sforzo mentre ti alleni o gareggi in modo da poter dare il meglio, in una maniera che riesci a sostenere.

Frequenza cardiaca e recupero

Se non sei sicuro di quale sia la tua frequenza cardiaca di base a riposo, prenditi del tempo per monitorarla per una settimana o due. Avrai bisogno di almeno sette giorni di monitoraggio per stabilire uno schema utile. Puoi anche monitorare la tua HRV (ovvero la variabilità della frequenza cardiaca, che esamina la variazione degli intervalli di tempo tra i battiti cardiaci). In generale, maggiore è la variabilità tra i battiti cardiaci, meglio è. Per monitorare la frequenza cardiaca e la frequenza cardiaca a riposo, puoi utilizzare un’app o un dispositivo indossabile come il cinturino Whoop o l’anello Oura. Un bonus per il cinturino Whoop e alcune app HRV è che verranno caricati direttamente nel registro TrainingPeaks per un facile monitoraggio e valutazione del modello. Molti orologi connessi offrono anche questa possibilità.

Quando va tutto bene con il tuo corpo, la frequenza cardiaca tornerà alla sua normale linea di base dopo il recupero da un periodo di allenamento. Viceversa, se osservi una frequenza cardiaca a riposo elevata o ridotta per un lungo periodo di tempo, ciò potrebbe significare che qualcosa, di solito il recupero o il benessere generale, non sta funzionando come dovrebbe. Questo potrebbe dipendere da una varietà di cose, quindi tu e/o il tuo allenatore avrete bisogno di fare un po’ di indagini.

I probabili sospetti potrebbero includere la necessità di dormire in più, fluttuazioni di stress e idratazione, migliorare l’allenamento o il recupero, far passare più tempo tra gli allenamenti più duri e/o più lunghi oppure un sistema immunitario indebolito (od anche il recupero da una malattia). Se noti che la tua frequenza cardiaca a riposo è elevata rispetto alla norma per più di un giorno, rivedi questo elenco di probabili sospetti e vedi quale potrebbe essere il tuo caso.

Se nessuno di questi ti sembra essere applicabile e la tendenza continua in un modo che influisce su come ti senti e come performi nella tua attività sportiva, probabilmente vale la pena andare dal medico. In alcuni casi, le interruzioni a lungo termine della frequenza cardiaca possono essere un segnale precoce di sovraccarico o sovrallenamento non funzionale.

Monitoraggio della frequenza cardiaca con altre metriche

Quando analizzo il file di allenamento di un atleta, guardo tutte le metriche disponibili, che variano a seconda del tipo di allenamento e dei dispositivi utilizzati dall’atleta. Ad esempio, prendiamo un file di allenamento per una ciclista che esegue delle ripetute.

Potrei ad esempio notare che la frequenza cardiaca è più bassa rispetto ai file precedenti per lo stesso allenamento. Se questa è l’unica informazione che ho, posso dedurre che la forma fisica dell’atleta sta migliorando perché è in grado di lo stesso esercizio ad un costo di risorse fisiche inferiore. Questo potrebbe essere un segno di progressione della forma fisica, soprattutto se la tendenza continua e se tutte le altre metriche sono anch’esse positive.

Però può capitare che l’atleta classifichi questo allenamento con un un RPE (tasso di sforzo percepito) di 8 su 10, quando in genere segna un 6 o un 7 per questo tipo di allenamento. Inoltre, nei commenti, l’atleta scrive: “Mi sento le gambe pesanti”. Ah! Diventa sempre più dura!” In sintesi, fornisce informazioni contrastanti con la mia supposizione precedente…

Mentre l’atleta andava molto bene per la frequenza cardiaca, la stessa ridotta frequenza cardiaca potrebbe essere un segno del bisogno di più calorie. Se questo è il caso, l’atleta deve ripristinare le proprie riserve di glicogeno per supportare il recupero; altrimenti, si sentirà allo stesso modo (o peggio) il giorno successivo. Se quello del giorno successivo fosse ad esempio un allenamento più lungo o duro, è certo che non lo eseguirebbe altrettanto bene. Se la mancanza di carburante dovesse continuare per diversi giorni, si accumulerebbero ulteriori problemi, tra cui la riduzione del recupero, in modo tale da influire sulla qualità dell’allenamento.

Questi sintomi possono anche riguardare la necessità di un maggiore recupero. Se il giorno precedente è stato un allenamento duro o lungo, ora abbiamo informazioni utili che potrebbe essere necessario un maggiore recupero. Ricorda che gli atleti rispondono all’allenamento in modo diverso, quindi le informazioni sulla frequenza cardiaca fornite sono piuttosto utili se combinate con le altre metriche, soprattutto nel tempo.

Frequenza cardiaca, velocità media e potenza

Confrontare la velocità media e la potenza con la frequenza cardiaca può darti un’idea di come sta procedendo l’allenamento. Quando la tua FC, ritmo e potenza aumentano e diminuiscono in modo relativamente vicino, questo si chiama accoppiamento: è il punto critico dell’allenamento. Il disaccoppiamento si verifica in due scenari: (1) quando la tua FC aumenta mentre il ritmo e/o la potenza rimangono invariati o diminuiscono, o (2) se la tua FC aumenta più rapidamente del ritmo o della potenza.

Può essere utile vedere Vm/FC (rapporto tra velocità media e frequenza cardiaca) o Pw:FC (rapporto tra potenza e frequenza cardiaca) al 5% o meno per essere “accoppiato”. Un valore superiore a questo è la prova di disaccoppiamento, che può essere un segno di:

  • Necessità di maggiore preparazione per questo esercizio.
  • Disidratazione, soprattutto quando si vede un aumento della FC insieme a una diminuzione della Vm o della potenza.
  • Bisogno di più recupero o sonno. In altre parole, il tuo corpo è stanco e le tue risorse umane sono “irritabili” come conseguenza. Questo può accadere anche quando il tuo corpo o la tua mente sono sotto stress.

Valutare tua frequenza cardiaca

Per scopi di allenamento e di gara, ecco uno schema di base di cosa dovresti fare quando vedi sorgere queste combinazioni di metriche.

Se la fc rimane uguale mentre l’RPE aumenta…

Prova a consumare calorie aggiuntive. Questo può o meno comportare una diminuzione della Vm o della potenza, ma per allenamenti o gare più lunghi, molto probabilmente capiterà comunque se non aumenti l’apporto calorico.

Se la FC aumenta mentre la potenza/Vm diminuisce…

Aumenta l’assunzione di liquidi, specialmente in condizioni più calde o umide. Assicurati che non sia solo acqua, ma anche una bevanda ricca di elettroliti.

Se la FC o FCV è superiore o inferiore al solito per diversi giorni…

Molto probabilmente hai bisogno di più recupero. Questa può anche essere una risposta allo stress o a disturbi del sonno.


Ricorda che la frequenza cardiaca è sensibile al costo energetico di un determinato sforzo. Quindi, nelle giornate calde o fredde, potresti notare che le tue risorse fisiche sono elevate o diminuite rispetto alla potenza o alla Vm. Pertanto, dovresti allenarti in varie condizioni in modo da capire quanto di questo costo il tuo corpo può ragionevolmente pagare. Questo può anche aiutarti ad adattarti alle fluttuazioni di temperatura e umidità, che possono rivelarsi di vitale importanza durante le gare estive.

Spero che questo ti fornisca una buona base per capire quanto possa essere utile la tua frequenza cardiaca come metrica di allenamento. Come puoi vedere, questo va ben oltre la definizione dell’intensità dell’allenamento.

Articolo originale su Tarining Peaks

https://www.trainingpeaks.com/blog/what-is-your-heart-rate-telling-you/

Come perdere il grasso della pancia, secondo la scienza

L’argomento grasso e quindi di conseguenza peso è molto sentito dai ciclisti… infatti in ogni discussione tra di noi che si rispetti prima o poi salta fuori la domanda “quanto pesi?” e conseguentemente per i più moderni “quanti W/Kg fai?”, a confermare la centralità dei discorsi sul peso!

Ma anche se non sei un ciclista che vuole perdere peso per migliorarsi, di sicuro anche a te può interessare questo articolo! Un corretto controllo del proprio peso è comunque indice di una buona forma fisica generale, e questo interessa tutti indistintamente.


Prima di tutto… due notizie, una brutta ed una bella: la brutta è che solamente andando in bici il grasso dalla pancia non se ne va; la bella è che ti voglio rassicurare: non c’è niente di male ad avere un po’ di grasso nella pancia!

Se ci pensi in molte culture avere un po’ di morbidezza in più è quasi uno status symbol!

In vari momenti della storia poi, l’aspetto piacevole era spesso abbinato alla rotondità del corpo (guarda qui “Le Bagnanti di Renoir” o cerca su Google “i nudi di Rubens”).

Eppure, nella cultura popolare moderna, nonostante alcuni progressi che celebrano forme del corpo più diverse, glorifichiamo ancora la “tartaruga” e la vita a forma di clessidra, anche se comunque non c’è niente di male nemmeno in queste forme.

Ad ogni modo è evidente che parecchie persone desiderano perdere grasso della pancia, ed è per questo che tratto questo argomento.

Solo un avvertimento: questa storia sarà diversa da quella che di solito puoi trovare sul web o in un giornale. Questo perché ti darò risposte pratiche, realistiche nonché un quadro generale.

Le risposte potrebbero non essere quelle che ti aspetti.

Concediti un po’ di osservazione della tua pancetta ed esploriamo insieme questo argomento.

Perché anche il grasso della pancia è importante?

Avrai sicuramente notato che, indipendentemente dal grasso corporeo, le persone hanno forme diverse.

E si scopre di conseguenza dove immagazziniamo le materie grasse.

Grasso viscerale vs grasso sottocutaneo

Se si seziona grossolanamente la pancia di una persona, troverai grasso in due punti.

  • Lo strato appena sotto la superficie della pelle: questo tipo di grasso, chiamato grasso sottocutaneo o grasso periferico, è generalmente benigno. 1, 2
  • La materia In profondità nell’addome, che spesso circonda organi vitali come fegato, stomaco e intestino: è chiamato grasso viscerale o centrale, contribuisce all’infiammazione cronica, alla formazione di placche arteriose e coaguli di sangue 3. È anche associato ad un aumento del rischio di disturbi metabolici, incluso il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. 4, 5

In generale, se si ha più grasso sottocutaneo, si avrà anche più grasso viscerale, anche se non è sempre così. A volte può anche capitare che una persona appaia piuttosto magra, con poco grasso sottocutaneo, ma avere comunque livelli elevati di grasso viscerale.

Questo si può verificare strumentalmente… senza bisogno di essere sezionati!

—> Tutto chiaro? Ok, ma perché ho il grasso della pancia? <—

Come probabilmente avrai sentito o letto, dove immagazziniamo il grasso dipende dagli ormoni, dalla genetica e da diverse condizioni mediche.

Ciò che può far aumentare il grasso viscerale include:

  • Una percentuale di grasso corporeo più alta: sebbene la genetica e gli ormoni determinino la distribuzione del grasso, le persone con più grasso corporeo hanno maggiori probabilità di avere quantità maggiori di grasso della pancia.
  • Essere maschi: rispetto alle donne in pre-menopausa, gli uomini hanno maggiori probabilità di sviluppare grasso extra intorno alla parte centrale del corpo. Questo perché le loro riserve di grasso viscerale sembrano assorbire una percentuale maggiore di grassi di origine alimentare. 6
  • Essere donne in post-menopausa: principalmente a causa di cambiamenti ormonali, le donne tendono a sperimentare un cambiamento nella distribuzione del grasso corporeo dopo la menopausa, con una diminuzione del grasso delle gambe e un aumento del grasso addominale. 7
  • Invecchiamento: quando le cellule adipose invecchiano, secernono più fattori infiammatori e vengono anche ridistribuite dai depositi sottocutanei ai depositi viscerali. 8
  • Avere livelli cronicamente alti di cortisolo: il grasso viscerale assorbe e scompone il cortisolo in eccesso. 9
  • Avere determinate varianti genetiche: diversi geni sono stati collegati alla distribuzione del grasso corporeo. (Se ti piacciono questi argomenti, i geni sono: TBX15, HOXC13, RSPO3, CPEB4 e LRP5.) Sebbene tutte le persone portino questi geni, alcune versioni di questi geni predispongono una persona a trasportare il grasso intorno al tronco, piuttosto che nei fianchi e nelle gambe. 10, 11

Non possiamo fare nulla per la nostra età, sesso o geni, mi spiace, ma abbiamo invece il controllo su tante altre cose che stiamo proprio per affrontare.

“Il Grasso della Pancia” dopo la gravidanza: potrebbe non essere quello che pensi.
Immediatamente dopo il parto, le donne perdono circa 5-6 chili (bye-bye bambino, placenta e altri tessuti).
Dopodiché, può verificarsi lentamente una maggiore perdita di peso mentre l’utero ritorna alla sua forma regolare e i livelli di liquidi si normalizzano.12
Molte donne tuttavia scoprono che il corpo, in particolare la pancia, mostra un aspetto diverso, anche se sono ritornate al peso precedente la gravidanza.
Questo è probabile perché il tessuto addominale si è allungato per accogliere il feto. È diventato più rilassato e non comprime più i tessuti e il grasso come prima.
Un altro fattore è la diastasi addominale persistente, ovvero la separazione dei muscoli addominali oltre un certo livello, che può anche far sembrare l’addome più arrotondato. Se questo è il caso e se la diastasi ti dà problemi, consulta un medico specializzato: potrà valutare il grado di diastasi, darti modi sicuri per risolverla, potenzialmente riparare parte della separazione addominale e migliorare il tutto.
Sebbene rafforzare i muscoli centrali possa aiutare entrambi i problemi, potrebbe volerci tempo… con così tanti altri cambiamenti in corso nella tua vita (ricordi il sonno perso?), questa notizia può essere difficile da digerire.
Ricordati che comunque il tuo corpo ha fatto una lavoro davvero incredibile, quindi anche se non c’è niente di sbagliato nel voler lavorare sul tuo corpo dopo la gravidanza, assicurati di avere un approccio con amore, compassione e… datti un bel cinque!

Come perdere il grasso della pancia, in 6 passaggi

Il trucco per ottenere risultati incredibili, è questo: la capacità e la disponibilità di praticare comportamenti salutari di base più e più volte.

Quello che sto per condividere probabilmente ti porterà a pensare “lo so già”; potresti alzare gli occhi al cielo e pensare che non ci sia niente di nuovo… Niente di “incredibilmente nuovo” o “stupefacente”.

Tuttavia, se utilizzi questi passaggi, vedrai i risultati, risultati che potrai realmente sostenere.

1. Scopri perché vuoi cambiare la pancia

Questo ti aiuterà a stabilire obiettivi chiari e a rimanere motivato.

Forse stai pensando: “Questo è facile. Sono qui perché voglio perdere il grasso della pancia! Il passaggio 1 è ora completo! “

Calma, calma… andiamo nello specifico:

  • Il tuo medico ti ha detto di perdere peso per motivi di salute?
  • Pensi di essere in buona salute, ma senti che i tuoi pantaloni si stanno stringendo e vuoi solo sapere che succede?
  • Stai cercando di asciugarti completamente, con addominali visibili?

Qualunque sia la tua ragione, sei il benvenuto qui.

Se hai deciso di dimagrire per motivi di salute, oltre che rimanere in collegamento con il medico che ti sta seguendo (solo lui è professionalmente abilitato a “lavorare” sulla tua salute) cerchiamo di andare un po’ più a fondo perché, oltre un certo punto, ottenere una parte centrale più snella non è più così salutare.

Inoltre, le sezioni centrali del corpo più “grandi” – oltre 94 cm (37 pollici) per gli uomini e 80 cm (31 pollici) per le donne – sono correlate con: 13, 14, 15, 16

  • Diabete di tipo 2
  • Malattia cardiovascolare
  • Demenza
  • Mortalità per tutte queste cause

Eppure, molte persone che rientrano tranquillamente entro questi parametri del girovita e che si sentono anche abbastanza in forma e in salute… non sono contente della loro pancia.

Ovviamente accade anche l’opposto, molti che superano questi parametri sono anche in buona salute e felici della loro forma.

Anche se non c’è niente di male nel voler cambiare il proprio corpo per motivi estetici, vale la pena considerare che, a volte quando affrontiamo situazioni difficili – un divorzio, avere a che fare con un genitore malato, una perdita di lavoro e così via – cerchiamo dei modi alternativi per sentirci meglio e più soddisfatti. Ad esempio, ricercando la soddisfazione estetica.

Ma avere uno stomaco piatto (o più piatto) non risolverà sicuramente questi problemi, con la conseguenza che a volte diventare iper-magri crea nuovi problemi e stress.

Per questo motivo, molti hanno trovato valore nell’imparare ad accettare i loro lati più morbidi, piuttosto che combatterli.

Alcuni lo hanno fatto imparando a vedere i loro corpi attraverso gli occhi di una persona cara, come un bambino piccolo che si coccola sulla pancia del genitore perché è morbida e comoda. Oppure hanno imparato ad apprezzare i loro corpi per quello che possono fare.

Quindi, conosci le tue ragioni per voler cambiare, e se lo vuoi veramente.

2. Accetta (anche se a malincuore) che non ci sono trucchi e scorciatoie per ridurre il grasso addominale

Vogliamo tutti la via d’uscita facile dai problemi più complicati, soprattutto quando la vita con gli impegni casa-lavoro-famiglia sembra già parecchio impegnativa.

Inoltre, non mancano libri con titoli come “La Dieta Miracolosa Per Perdere La Pancia” o riviste che promuovono “4 esercizi per darti addominali scolpiti in 4 settimane” o attrezzi da tele-vendita miracolosi, tutto per farci pensare che eliminare il grasso in eccesso non solo è possibile, ma facile e veloce.

Pensa solo a quanto tempo ci è voluto per arrivare a quella pancetta che vuoi eliminare…

Ma proprio come non si può perdere grasso solo dal tricipite sinistro, alla stessa maniera non si può perdere solo dalla pancia.

La perdita di grasso della pancia va di pari passo con la perdita di grasso corporeo generale, che di solito va di pari passo con i cambiamenti nella dieta e nell’esercizio fisico.

Perché ti dico questo? Perché prima rinunci a ciò che non funziona, prima puoi passare a ciò che funziona.

Nota: non essendo un medico non sto prendendo in considerazione i trattamenti chirurgici e farmaceutici tra le strategie per perdere il grasso addominale. Ad oggi, questi sono gli unici metodi affidabili per ridurre in modo estremamente mirato il grasso addominale. La liposuzione e il rimodellamento del corpo possono rimuovere chirurgicamente il grasso dalla pancia e la terapia ormonale sostitutiva può cambiare il modo in cui il grasso viene distribuito nel corpo. 17

Puoi perdere velocemente il grasso della pancia?
La velocità con cui puoi perdere grasso addominale dipende da quanto velocemente puoi perdere grasso in tutto il corpo.
Per perdere 2 cm di grasso intorno alla vita, sono necessari circa 2-3 kg di perdita di peso complessiva, secondo analisi su oltre 1000 casi.
Con un impegno costante, generalmente si perdono tra 0,5 e 1 kg a settimana.
Ciò significa che entro un mese circa di adozione di nuove abitudini sane e ragionevolmente coerenti, le persone possono perdere fino a 2-3 cm dalla vita.

3. Consumare una dieta incentrata su cibi minimamente trasformati.

Sebbene non ci siano cibi che magicamente rimpiccioliranno la tua pancia (succo di sedano, esci da questa stanza!!!) cibi altamente elaborati e altamente appetibili possono facilmente far fallire gli sforzi per diventare più magri.

Perché? Perché sono davvero facili da mangiare, troppo.

Mentre invece gli alimenti poco elaborati, come proteine ​​magre, frutta e verdura colorata, cereali integrali, legumi, noci e semi, funzionano decisamente meglio.

Nello specifico è stato dimostrato, dati da più di 100.000 casi, che la maggior parte delle persone ha molte meno difficoltà a perdere grasso quando consuma:

  • 1-2 palmi di mano di cibi ricchi di proteine ​​che regolano l’appetito (pollo, yogurt, tofu o uova) per pasto o supplementi proteici equivalenti
  • 1-2 pugni di verdure colorate per pasto, che ti aiutano a saziarti con meno calorie
  • Grani integrali ricchi di fibre, frutta, legumi, noci e semi al posto di cibi raffinati per la maggior parte del tempo

Gli importi specifici variano da persona a persona, ed inoltre vale a pena menzionare i supplementi naturali (clicca sul link per accedere ad una panoramica di questi) che spesso risolvono in maniera estremante efficace l’eventuale difficoltà a reperire questi alimenti o ad organizzarsi per portarli sulla propria tavola.

Ora, probabilmente stai pensando: “ma come faccio?”.

Hai ragione, ma ho una soluzione per te: contattami per una consulenza on-line totalmente gratuita e senza impegno. Ti fornirò velocemente quello che ti serve sapere riguardo le calorie, le proteine, i carboidrati e i grassi di cui hai bisogno per raggiungere i tuoi obiettivi.

Grassi trans e grasso della pancia
Gli acidi grassi trans, o grassi trans, sono un ingrediente che si trova spesso negli alimenti trasformati, possono effettivamente causare il grasso della pancia.
In uno studio, alcuni topi sono stati nutriti con una dieta ricca di grassi saturi ed altri con una dieta ricca di grassi trans. Dopo otto settimane, i topi soggetti all dieta ad alto contenuto di grassi trans avevano sviluppato un grasso viscerale significativamente più alto rispetto ai ratti con la dieta ad alto contenuto di grassi saturi. 18
L’unico motivo per cui non esiste uno studio simile sugli esseri umani è perché gli effetti negativi sulla salute dei grassi trans sono così chiari che un tale studio sarebbe anti etico oltre che pericoloso.19, 20, 21
I grassi trans sono spesso indicati come “olio parzialmente idrogenato” sulle etichette degli ingredienti e si trova in molti prodotti da forno, cracker e biscotti regolarmente venduti a scaffale. Quindi prova a ridurre o eliminare quegli alimenti.

4. Mangia lentamente, finché non sei soddisfatto

Potresti essere portato a pensare che le persone abbiano bisogno di un rigoroso metodo di monitoraggio del cibo per iniziare a perdere grasso, ma si è scoperto che non è così.

Ciò è particolarmente vero quando si impara ad ascoltare e rispondere al proprio senso interno di fame e sazietà, un’abilità nota come regolazione interna dell’appetito.

Rilassandosi, mangiando lentamente e sintonizzandosi sui propri pensieri, emozioni e sensazioni corporee, la maggior parte delle persone può fare progressi fenomenali.

Questa è davvero un’abilità da ninja quando si tratta di controllo del peso.

5. Trova gli esercizi che ti piacciono

Non riuscirai a bruciare il grasso della pancia con esercizi addominali o cinture vibranti da applicare alla vita, diglielo pure a quelli della pubblicità!

E anche se hai letto che l’allenamento ad intervalli ad alta intensità (HIIT) ha dimostrato di aiutare la perdita di grasso viscerale 22 c’è una notizia importante per te: l’esercizio funziona solo se lo fai in modo costante ed a lungo termine. 23

In altre parole, una sessione di esercizi “alla morte” non ti appiattirà la pancia. Ma nemmeno due, o tre, o sette… o quindici.

Serviranno sessioni dopo sessioni dopo sessioni, settimane dopo settimane, mesi dopo mesi, per vedere e mantenere i risultati.

Quindi, se ami gli allenamenti HIIT più del gelato, fantastico, continua così.

Viceversa, se l’idea di fare sprint e burpee ti fa venir voglia di nasconderti nel tuo armadio, sappi che hai tantissime altre opzioni a disposizione.

Idealmente, per perdere il grasso della pancia, dovresti combinare una qualche forma di allenamento di resistenza con qualche altra forma cardio.

Ma alla fine dovrai fare esercizi in un modo che sia fattibile, indolore, piacevole e soprattutto sostenibile, perché questo è l’unico modo per mantenere questa buona abitudine regolarmente nel tempo.

Che ne dici ad esempio di iscriverti ad una scuola od un circolo di ballo? È una delle tante opzioni che puoi avere se non ti piace fare sport… ma con un po’ di fantasia scoprirai che ce ne sono tante altre!

Ci sono prodotti che possono ridurre il grasso della pancia?
Periodicamente esce fuori una nuova soluzione che promette risultati notevoli.
Ma funzionano davvero?
Di seguito esploriamo ciò che la ricerca ha da dire sull’efficacia di cinque ingredienti spesso proposti per la perdita di grasso:
CompostoAiuterà?Risultati
Fosfatidilserina (FS)Probabilmente noLa FS viene proposta per diminuire lo stress e quindi anche il grasso viscerale. Tuttavia, c’è poca evidenza che effettivamente riduca la risposta allo stress o il grasso addominale. 24
Acido linoleico coniugato (ALC)Probabilmente noNon ci sono prove affidabili che il ALC aiuti con la perdita di peso specifica localizzata o generale. 25
Estratto di tè verdeForse siÈ stato provato che l’estratto di tè verde contribuisca alla perdita di peso 26. Tuttavia, il supporto mirato esclusivamente al grasso della pancia è minimo, e solo negli individui chiaramente non già magri. 27
CaffeinaProbabilmente noCi sono prove moderate che la caffeina sopprima l’appetito che porta alla perdita di peso e aumenti temporaneamente il tasso metabolico. Ma la perdita di peso non è specifica per il grasso della pancia. 28, 29
CapsaicinaForse siCi sono alcune prove che la capsaicina può aumentare temporaneamente il tasso metabolico. Tuttavia, questo non si traduce automaticamente in una perdita di grasso addominale. 28
Se hai appena letto questo elenco e hai sentito un grande “ooohhhh” di delusione, non ti biasimo.
Attraverso campagne di marketing intelligenti e storie di successo raccontate e drammatiche, ci viene costantemente venduta la pillola miracolosa.
Purtroppo, semplicemente, non esiste.
La buone notizia: ora che lo sai, puoi smettere di sprecare i tuoi soldi e potenziare te stesso per praticare l’alimentazione quotidiana, il movimento e le abitudini di vita che funzionano.

6. Approcciati a tutto quanto sopra con auto-compassione, invece che con critica

L’auto-compassione è un atteggiamento di generosità, onestà e gentilezza nei tuoi confronti. Ti aiuta a vedere te stesso chiaramente e quindi ad agire per auto aiutarti.

Ma come? Essere gentile con te stesso per perdere il grasso della pancia? Sembra una scemata, non è vero?

Non lo è: la ricerca ha dimostrato che l’auto-compassione è collegata a una alimentazione più sana e ad abitudini di esercizio più sostenibili 30, 31, nonché a tassi più bassi di ansia e depressione, meno stress percepito e maggiore benessere generale. 32, 33, 34

Al contrario, l’autocritica è collegata a comportamenti alimentari malsani, nonché a tassi più elevati di ansia e depressione. 35, 36

Ok, lo hai capito adesso? Non è una scemata.

Allora che aspetto ha l’auto-compassione in pratica?

Ci sono tre elementi principali:

Consapevolezza: questo è quando sei consapevole di ciò che stai facendo, pensando, provando e sperimentando, ma non ti giudichi per questo. Esempio: “Mi sento male per la mia pancia. E noto che mi sento anche frustrato e impaziente di cambiare … “

Umanità comune: riconoscere che non sei solo, che tutti prima o poi possono passare attraverso ciò con cui hai a che fare anche te. Esempio: “Tutto bene. Ci sono così tante persone che lottano con quello che riguarda il loro aspetto.”

Gentilezza verso di sé: essere generosi e rispettabili con se stessi. Esempio: “Fai un respiro profondo. Questo corpo mi ha aiutato molto. Forse posso fare qualcosina per prendermene cura in questo momento“.

Benvenuto nel viaggio

Ti ho appena parlato di sei modi per ridurre il grasso della pancia… ma sono solo l’inizio.

Un corpo sano – che sarà in grado quindi anche di migliorare le sue prestazioni sportive… e non solo! – è il risultato di molte abitudini che toccano tutte le dimensioni della tua vita. Include le relazioni, il benessere mentale, la salute emotiva, l’ambiente circostante e la vita spirituale. Si chiama salute profonda. È un approccio che coinvolge l’intera persona e affronta tutte le dimensioni della vita, e non solo quella fisica.

Non vuoi avere addominali tirati ma ti senti malissimo dentro, giusto? Ecco perché il tuo viaggio verso la salute profonda potrebbe portarti a cambiare il tuo ambiente, esplorare i tuoi valori e la tua identità e mettere in fila tanto supporto da familiari, amici, medici e forse anche un coach (se sei qui forse lo hai già trovato!).

Infine, devi essere anche cosciente che ci sono alcune cose del tuo corpo che potresti non essere più in grado di cambiare, a causa dell’invecchiamento, ai cambiamenti ormonali e ad altre avventure della vita che hai passato per arrivare fino a qua.

Per finire, mentre ti incoraggio a perseguire il miglioramento del tuo corpo e della tua vita con tutto il gusto e la passione che puoi metterci… beh, sappi che mi piacerai comunque anche se decidi di non cambiare affatto.

E visto che sei arrivato fino a qui… contattami per una consulenza on-line totalmente gratuita e senza impegno. Ti fornirò velocemente quello che ti serve sapere per raggiungere i tuoi obiettivi!

Riferimenti riportati nel testo
1 – Karastergiou, Kalypso, Steven R. Smith, Andrew S. Greenberg, and Susan K. Fried. 2012. “Sex Differences in Human Adipose Tissues – the Biology of Pear Shape.” Biology of Sex Differences.
2 – Björntorp, P. 1996. “The Android Woman–a Risky Condition.” Journal of Internal Medicine 239 (2): 105–10.
3 – Trayhurn, Paul. 2005. “Adipose Tissue in Obesity—An Inflammatory Issue.” Endocrinology 146 (3): 1003–5.
4 – Lee, Mi-Jeong, Yuanyuan Wu, and Susan K. Fried. 2013. “Adipose Tissue Heterogeneity: Implication of Depot Differences in Adipose Tissue for Obesity Complications.” Molecular Aspects of Medicine 34 (1): 1–11.
5 – Karpe, Fredrik, and Katherine E. Pinnick. 2014. “Biology of Upper-Body and Lower-Body Adipose Tissue—link to Whole-Body Phenotypes.” Nature Reviews. Endocrinology 11 (2): 90–100.
6 – Nauli, Andromeda M., and Sahar Matin. 2019. “Why Do Men Accumulate Abdominal Visceral Fat?” Frontiers in Physiology 10 (December): 1486.
7 – Ambikairajah, Ananthan, Erin Walsh, Hossein Tabatabaei-Jafari, and Nicolas Cherbuin. 2019. “Fat Mass Changes during Menopause: A Metaanalysis.” American Journal of Obstetrics and Gynecology 221 (5): 393–409.e50.
8 – Sepe, Anna, Tamara Tchkonia, Thomas Thomou, Mauro Zamboni, and James L. Kirkland. 2011. “Aging and Regional Differences in Fat Cell Progenitors – a Mini-Review.” Gerontology 57 (1): 66–75.
9 – Drapeau, V., F. Therrien, D. Richard, and A. Tremblay. 2003. “Is Visceral Obesity a Physiological Adaptation to Stress?” Panminerva Medica 45 (3): 189–95.
10 – Schleinitz, Dorit, Yvonne Böttcher, Matthias Blüher, and Peter Kovacs. 2014. “The Genetics of Fat Distribution.” Diabetologia 57 (7): 1276–86.
11 – Loh, Nellie Y., Matt J. Neville, Kyriakoula Marinou, Sarah A. Hardcastle, Barbara A. Fielding, Emma L. Duncan, Mark I. McCarthy, et al. 2015. “LRP5 Regulates Human Body Fat Distribution by Modulating Adipose Progenitor Biology in a Dose- and Depot-Specific Fashion.” Cell Metabolism 21 (2): 262–73.
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13 – Lean, M. E., T. S. Han, and C. E. Morrison. 1995. “Waist Circumference as a Measure for Indicating Need for Weight Management.” BMJ 311 (6998): 158–61.
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Consigli per le difese immunitarie

Mettiamo subito le cose in chiaro!

Non puoi controllare completamente il rischio di prenderti un raffreddore, l’influenza o il COVID-19, così come non puoi controllare in che maniera il tuo organismo reagirà una volta esposto a un agente patogeno.

Esistono molti fattori diversi che determinano la risposta del tuo organismo: alcuni possono avere un impatto, come ad esempio le carenze nutrizionali, altri su cui non puoi farci nulla, come la tua età.

Ma anche tra i fattori che puoi invece influenzare, nessun singolo trucchetto o rimedio può controllare un sistema così complesso, la mancanza di un vaccino adeguato o della terapia farmacologica adatta.

Nessun integratore magico, super-alimento, programma dietetico o esercizio fisico da solo può garantire al 100% la salute.

Tuttavia, quando si tratta del sistema immunitario, le nostre azioni quotidiane possono fare una enorme differenza, nel bene o nel male.

Praticando costantemente comportamenti salutari, puoi:

  • ridurre la tua esposizione e vulnerabilità
  • aiutare a ottimizzare le funzioni immunitarie nel tempo
  • preparare meglio il tuo organismo a combattere gli “agenti invasori”

Inoltre, concentrandoti su comportamenti costruttivi potresti aiutarti a sentirti un po’ più sotto controllo. E questo potrebbe aiutare anche ad alleviare l’ansia e lo stress che derivano da tutte queste incertezze.

Il mio consiglio: dai la priorità alle “cose importanti”, sono i pilastri di uno stile di vita sano.

  • Mangia cibi integrali o per lo più minimamente trattati
  • Non farti mancare sufficienti proteine, frutta e verdura
  • Consuma un numero adeguato di calorie
  • Muoviti regolarmente
  • Riduci il fumo e/o il consumo di alcol
  • Dormi adeguatamente
  • Gestisci lo stress

Tenendo presente tutto ciò, è stata creata questa infografica che troverai più sotto – realizzata in collaborazione con Precision Nutrition –  incentrata sull’immunità per offrirti un piano d’azione.

È importante sottolineare che non è necessario fare tutto ciò che è suggerito in questa infografica.

Mangiare proteine ad ogni pasto è abbastanza difficile, e il tuo negozio di alimentari potrebbe aver esaurito in questo momento il tipo che ti piace (oppure potresti anche avere meno soldi da spendere per la spesa).

Alcune persone hanno molto meno tempo per allenarsi che in precedenza, oppure molto di più. Altri hanno livelli di stress MOLTO più alti di prima.

Quindi scegli le strategie che hanno più senso e che senti fattibili per te in questo momento, puoi sempre incorporarne altre in seguito.

E ricorda: non c’è niente di sbagliato nel cominciare a piccoli step: è qui che iniziano spesso grandi progressi.

++++

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Detraining e mantenimento della forma fisica

(articolo scritto durante il periodo di lockdown da covid-19)

Caro Lettore e Sportivo,

È assolutamente naturale che ti preoccupi che si possa perdere la forma fisica duramente conseguita in questo periodo in cui non riesci ad allenarti in modo normale e regolare. Ho fatto alcune ricerche specifiche su questo argomento e ho trovato una interessante conferenza del Canadian Sport Institute. Ho usato alcune delle loro diapositive – che ho solo parzialmente tradotto in italiano – per darti un quadro più chiaro.

Prima buona notizia: l’allenamento e la perdita di forma fisica non avvengono dall’oggi al domani.

I residui dell’allenamento si riferiscono a quanta forma fisica rimane dopo un certo tempo dalla fine dell’allenamento. La durata nel tempo di questi residui dipende da quali elementi della tua forma fisica osservi. Le abilità anaerobiche e glicolitiche si perdono più rapidamente delle abilità aerobiche. Questo non dovrebbe sorprenderti.

La tua storia specifica degli allenamento influisce sulla durata dei residui di allenamento: con una storia più lunga avrai residui più lunghi. Un carico di allenamento elevato prima della cessazione contribuisce anche ad avere residui più lunghi. Dato quindi che ti sei allenato duramente per tutto l’inverno, sei ben preparato fisiologicamente per mantenere un buon livello di fitness aerobico.

La domanda che probabilmente ti interessa di più è:

“Qual’è l’allenamento minimo richiesto per mantenere gli adattamenti?”

Seconda buona notizia: sarai sorpreso ma la risposta è “Meno di quanto pensi”

Lo screenshot della lezione mostra la durata dei residui di allenamento per gli aspetti chiave del fitness.

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Come puoi vedere, la resistenza aerobica ha il residuo più lungo mentre la massima velocità ha invece il più breve. Come ciclisti, il punto più importante della forma fisica che è una base poi per tutto il resto sono la forza o la resistenza muscolare. Come puoi vedere, gli effetti residui dell’allenamento non durano più a lungo di circa 15 giorni dopo l’interruzione dell’allenamento. La nostra attenzione quindi dovrà essere rivolta a  mantenere questo elemento chiave della forma fisica.

Quanto lavoro devi fare per mantenere un buon livello di fitness?

In uno studio su 14 kayakisti di livello mondiale, il gruppo è stato diviso in due gruppi di 7 dopo il completamento di un campionato mondiale quando erano evidentemente in ottima forma.

A sette atleti è stata imposta una cessazione totale (TC) dell’allenamento,  gli altri sette hanno fatto invece un piano di allenamento ridotto (RT) che consisteva in una sessione di forza a settimana e 2 sessioni di allenamento aerobico di intensità moderata di 40 minuti a settimana.

Dopo tre settimane il gruppo TC aveva una VO2Max ridotta dell’11,3%, mentre il gruppo RT era diminuito solo del 5,6%. Questo è un piccolo declino soprattutto se si considera che questi atleti d’élite in preparazione del campionato mondiale eseguivano 16-18 sessioni di allenamento alla settimana.

Riguardo la forza le differenze sono risultate molto simili ed in linea con il test precedente, con il gruppo TC che ha perso circa l’8-9% di 1 ripetizione massima, contro il gruppo RT che perdeva solo il 3-4% nonostante facesse solo una sessione di forza alla settimana facendo 3 serie da 10 ripetizioni a 70-75 % del loro 1RM.

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Sono stati anche esaminati la salute e l’abbassamento del sistema immunitario. Prove cliniche suggeriscono che sessioni di allenamento eccessivamente lunghe e pesanti contribuiscono maggiormente a ridurre la salute del sistema immunitario (ma questo vale solo per atleti professionisti, non amatori). L’allenamento può e deve essere regolare e frequente a seconda della tua storia di allenamento. Inoltre, dovresti dormire per più di 7 ore a notte e mantenere un buon equilibrio calorico, mangiando abbastanza proteine ​​e carboidrati. Non andare in deficit calorico cronico.

Spero che questo ti chiarisca un po’ il quadro della situazione, e che ti conforti su ciò che ti potrebbe star succedendo con la forma. Ed anche sul perché possiamo comunque ridurre intensità e volume in questo momento mantenendoti comunque molto in forma. Ricorda che la potenza e la velocità di fascia alta possono essere sviluppate molto rapidamente in 3-5 settimane. Nell’allenamento di resistenza di alto livello, gli atleti possono allenare la forma aerobica molto rapidamente, in poche settimane di sessioni aerobiche più lunghe.

Il tuo prossimo blocco di allenamento dovrà quindi essere focalizzato sulla resistenza e la forza muscolare: dovrai concentrarti sul mantenimento della resistenza muscolare con allenamenti più brevi ma più frequenti abbinati a una sessione di forza a settimana a casa.

Non perderti i miei PIANI DI ALLENAMENTO, c’è sicuramente quello che fa per te!

COVID-19: 5 Cose da sapere

Vista la situazione contingente di LOCKDOWN (sto scrivendo il 10 Aprile 2020) ho cercato di raccogliere in questo articolo qualche informazione per cercare di fare un po’ di chiarezza sulle basi più semplici di questo difficile argomento, anche se vado un po’ off-topic dai contenuti di questo sito.

1. Il virus muore velocemente sulle superfici

In uno studio, alcuni virus sono sopravvissuti per:

  • 3 giorni su acciaio inossidabile e plastica
  • 1 giorno su cartone
  • 4 ore sul rame

Però il virus si esaurisce rapidamente. Solo 1 / 1.000 della carica virale iniziale del virus era ancora presente dopo 2 giorni su acciaio inossidabile, e al terzo giorno su plastica. La metà della carica se n’era andata già dopo 6-7 ore su queste due superfici.

Quanto è serve per farci ammalare? Non è chiaro, ma meno carica virale significa meno rischi. Quindi non preoccupiamoci della contaminazione che possa durare giorni.

Idem dopo lo shopping o il disimballaggio delle consegne di cibo.

“A causa della scarsa sopravvivenza di questi coronavirus sulle superfici, c’è probabilmente un rischio molto basso di diffusione da prodotti alimentari o imballaggi”, afferma il Centro per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie.

Per rimanere al sicuro, laviamoci le mani con acqua e sapone, in modo che qualsiasi virus sopravvissuto non raggiunga mai gli occhi, il naso o la bocca.

2. Conosci i sintomi

Preoccupato che il mal di testa o il naso chiuso siano sintomi di COVID-19?

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Tra 1.099 pazienti ricoverati in Cina, i sintomi più comuni sono stati tosse e febbre.

Il 44% dei pazienti manifestava già febbre al momento del ricovero, ed un totale di 89% l’ha comunqe sviluppata dopo.

Molte febbri non erano comunque alte. La metà (56%) era sotto i 37,5°C al ricovero. Solo il 4 percento delle febbri è stato misurato superiore a 38,9ºC.

Alla fine di marzo, i ricercatori del King’s College di Londra hanno riportato un nuovo sintomo dopo aver analizzato i dati su 1,5 milioni di persone che hanno utilizzato la loro app COVID Symptom Tracker: delle 1.702 persone che hanno dichiarato di essere state testate per il virus, quasi il 60% di coloro che sono risultati positivi — ma solo il 18% di coloro che sono risultati negativi — hanno riportato di aver perso olfatto e gusto (la perdita sembra essere temporanea). Questi dati però non sono ancora stati sottoposti a peer review, quindi sono preliminari.

Ovviamente molte persone che vengono testate per COVID-19 non hanno contratto il virus, anche se ne hanno i sintomi.

3. Potremmo essere contagiosi senza saperlo.

I sintomi in genere compaiono dai 4 ai 7 giorni dopo che si è stati esposti, ma potrebbero essere necessari anche dai 2 ai 14 giorni.

Tuttavia può succedere che alcune persone possano essere contagiose prima di manifestare sintomi. Addirittura alcuni pazienti non manifestano mai alcun sintomo.

Quindi potremmo sentirci bene ma in realtà star diffondendo germi. Ecco perché il cosiddetto “distanziamento sociale” è fondamentale.

4. Non preoccuparti di prendere il virus dal cibo.

Continua a mangiare frutta e verdura (come sempre, lavali prima sotto l’acqua corrente). Finora sono stati rintracciati focolai dal contatto con altre persone, non dal mangiare cibi contaminati. Questo si spiega perché questo virus provoca gravi malattie infettando il tratto respiratorio, non l’intestino.

5. Nessun cibo o integratore può sconfiggere il virus.

Hai sentito che questo o quel cibo o integratore possono aumentare l’immunità al COVID-19? Ignoralo.

Praticamente ogni sostanza nutritiva è essenziale per avere un sistema immunitario sano. Quindi praticamente qualsiasi etichetta vitaminica può pretendere di “sostenere”, “supportare” o “migliorare” l’immunità.

Ma a meno che tu non sia veramente carente di una vitamina o di un minerale – improbabile per la maggior parte della popolazione Occidentale – ci sono poche prove convincenti che prenderne di più aiuti.

A lungo termine, una dieta sana può aiutare a ridurre il rischio di malattie cardiache, diabete di tipo 2 e ipertensione e molto altro. Avere alcune di queste patologie aumenta le probabilità che il virus causi una malattia più grave.

Ma nessun singolo alimento può accendere il tuo sistema immunitario.

Grafico: Adattato (tradotto) da N. Engl. J. Med. 2020. doi:10.1056/NEJMoa2002032.

 

Buono o Cattivo?

Molte persone pensano al cibo in termini binari:

Ci sono “cibi buoni” come verdure, cereali integrali e carni magre e ci sono “cibi cattivi” come ciambelle fritte, dolciumi vari, patatine e pane bianco.

Sembra abbastanza semplice. Basta sapere cosa mangiare (e cosa non mangiare) e saremo così tutti sulla buona strada per avere un bel ventre piatto e un buono stato di salute. Facile, no?

L’unico problema? Questo approccio binario non funziona nella vita reale… almeno non a lungo.

Immagino cosa potresti chiedermi caro Lettore…

E allora che ne pensi delle bibite gasate? E le patatine fritte con maionese e formaggio filante? E i dolci fritti? Ma allora, se non ci sono cibi” cattivi, “perché si dice che la gente mangia solo spazzatura?

E poi mi sembra di sentirti dire “guarda che classificare gli alimenti  in “buoni” e “cattivi” è comunque logico e responsabile!“.

La ricerca dimostra però che quanto più si demonizzino determinati alimenti, quanto più è probabile che le persone li mangino.

E quando imponi rigide regole alimentari alle persone, tendono a essere MENO coerenti quando si tratta di mangiare sano.

Perché? E cosa dovresti fare invece?

In genere, a parte delle ovvie linee guida che posso consigliare, non mi piace dire esattamente cosa mangiare e cosa non, e non ne avrei neanche titolo.

In realtà, dico con un po’ di coraggio e spavalderia: “Non ci sono cibi cattivi“.

Questa posizione tende a suscitare molte e molte domande, motivo cui per ho deciso di buttarmi nel dibattito “cibi buoni vs. cibi cattivi”.

In questo articolo:

  • esploriamo come il pensiero buono o cattivo può effettivamente indurre le persone a mangiare PIÙ cibi “cattivi”
  • ti offro un modo alternativo di pensare a dolci, patatine e altri alimenti a basso contenuto di nutrienti
  • ti fornisco tecniche che uso per aiutare a liberare chi assisto dalla mentalità “buono vs. cattivo”.

Sarò onesto: la filosofia “nessun cibo è cattivo” può spaventare, soprattutto  le persone che hanno trascorso anni a organizzare gli alimenti in categorie buone e cattive.

Ma può portare anche ad una trasformazione.

C’è voluto del tempo, ma ho scoperto che una volta che le persone accolgono di nuovo i cibi che amano nelle loro vite – senza paura e senza colpa – fanno meno sforzi, apprezzano di più il mangiare e, oltretutto, sono in grado di superare gli ostacoli che si frappongono tra loro e i loro obiettivi alimentari salutari.

Perché l’approccio buono vs. cattivo non funziona.

Molte persone dividono il cibo in sole due categorie.

  1. Alimenti buoni: verdure, legumi, cereali integrali, pesce, carne magra e altri alimenti minimamente elaborati e ricchi di nutrienti.
  2. Alimenti cattivi: dolci, patatine, cracker, pane bianco, patatine fritte e altri alimenti altamente trasformati che offrono poco o nessun valore nutrizionale.

E prima di spiegarti perché non classifico il cibo in “buoni” e “cattivi”, voglio essere molto chiaro: le differenze nutrizionali tra queste due categorie sono abbastanza facili da individuare.

Molti dei cosiddetti alimenti “cattivi”, in quantità elevate, possono aumentare il rischio di una varietà di malattie.

Sono anche incredibilmente difficili da resistergli, l’industria alimentare ha veramente creato tantissimi prodotti economici e facilmente accessibili che le nostre papille gustative ed i cervelli adorano.

Ma sono davvero cattivi?

Non uso questa terminologia per sei motivi principali.

Motivo #1: un singolo alimento non definisce l’intera dieta.

Forse hai sentito parlare di un adolescente che ha mangiato solo quattro cibi per la maggior parte della sua vita: patatine fritte, patate in genere, pane bianco e carne di maiale trasformata (1).

E poi è diventato cieco.

È una storia limite, certo, ma è importante capire una cosa in prospettiva: quell’adolescente è un outlier fuori dalle statistiche. La maggior parte delle persone non mangia solo quattro alimenti, mangiano molto più vario.

E le patatine fritte, le patate, il pane ed il maiale da soli non hanno causato direttamente la cecità dell’adolescente.

L’hanno causata in modo indiretto, provocando tutti insieme una carenza degli alimenti necessari per una buona salute degli occhi.

Cosa conta davvero quindo per una buona salute? Equilibrio.

In altre parole, non bisogna che i tuoi pasticcini farciti, prodotti spray sostituiscano verdure, frutta, fagioli, noci, carni fresche, frutti di mare e altri cibi integrali ricchi di nutrienti.

Se lo fai, come l’adolescente che abbiamo menzionato, corri seriamente il rischio di carenze e le loro conseguenze.

Quindi la domanda è: sei in equilibrio?

Si sperimentano enormi benefici (perdita di grasso, miglioramento della salute) quando si passa da una cattiva alimentazione ad una media o al di sopra della media.

Ma alla fine, si vedono rendimenti (o miglioramenti) decrescenti.

Come mostra questo grafico, non solo i rendimenti sono molto più difficili da vedere dopo che l’80-90 percento della dieta è composta da alimenti integrali e minimamente elaborati, ma corri anche il rischio di disturbi alimentari come l’ortoressia (ossessione di alimentarti in modo sano).goodbad01.png

La maggior parte (dall’80 al 90 %) di ciò che mangi è pieno di nutrienti e poco elaborato? (Pensa a verdure, frutta, carne, pesce, noci, semi, fagioli, lenticchie, cereali integrali) Allora c’è probabilmente spazio per cibi meno nutrienti.

La maggior parte di ciò che mangi è altamente trasformato e povero di nutrienti (pensa ai dolci ed alle patatine)? Considera piccole azioni per migliorare leggermente la tua dieta. Aggiungi lentamente più alimenti ricchi di nutrienti (verdure, frutta, pesce, pollame e così via) ad ogni pasto.

Motivo #2: nessun alimento è dannoso per tutte le persone in tutte le situazioni.

Per illustrare questo punto, come suggerisce la Master Coach di Precision Nutrition Kate Solovieva, ti faccio l’esempio della “cola”.

Molti la vedono come qualcosa di cattivo. Perché è ricca di zucchero e priva di vitamine e minerali.

Ma la “cola” è cattiva in tutte le situazioni?

“Diciamo che stai visitando un paese senza acqua potabile sicura, in questo caso, la cola – con la sua confezione a tenuta ermetica –  è un’opzione molto migliore dell’acqua.”

O se stai sudando in una gara ciclistica di 100 km e la tua glicemia è così bassa che stai avendo allucinazioni e vedi elefanti rosa volanti. In tal caso, lo zucchero e la caffeina della cola potrebbero fare la differenza tra il finire la gara o il ritiro.

La nostra fisiologia e psicologia individuale influiscono anche su ciò che accade quando mangiamo alimenti specifici.

Lo zucchero aggiunto, ad esempio, colpisce chi ha con diabete di tipo 2 in modo diverso rispetto a quello le cui cellule sono insulino-sensibili. E può influire sulla stessa persona in modo diverso a seconda che sia privata o meno del sonno.goodbad02.png

Motivo #3: Demonizzare determinati alimenti può renderli ancora più ricercati.

Molte persone ci dicono che l’astensione al 100% dai “cibi cattivi” è l’unico modo con cui riescono a mantenere un pizzico di controllo sul loro cibo.

Se dicono “okay” a un cibo “cattivo”, temono che questo le porti ad una dieta piena di biscotti, brownies, patatine fritte, nonché priva prima o poi di verdure e altri cibi “buoni”.

La questione è questa:

C’è una sottile differenza tra demonizzare totalmente un cibo ed astenersi semplicemente da esso perché sai che tendi a mangiarlo troppo.

Quando demonizziamo gli alimenti, “facciamo semplicemente la morale a questi alimenti, pensando a noi stessi come persone cattive per mangiarli”, dice a proposito la Solovieva.

Questo paradossalmente può aumentare il nostro desiderio verso gli stessi cibi che stiamo cercando di evitare. Quando i ricercatori dell’Arizona State University hanno mostrato a persone sottoposte ad una dieta restrittiva messaggi negativi relativi a cibi non sani, queste persone hanno manifestato un aumento del desiderio tale per questi alimenti che li ha portati a mangiarne di più (2).

È anche vero che alcune persone riescono a limitare alcuni alimenti “cattivi” per un po’, ma, per la maggior parte delle persone la voglia alla fine prevale sulla loro capacità di limitare. E quando mangiano qualcosa di “cattivo”, si sentono in colpa. Quindi mangiano ancora di più e potrebbero persino smettere di cercare di raggiungere i loro obiettivi. Questo può creare un circolo vizioso, come mostra il grafico qui sotto.

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Ora, cerchiamo di essere chiari: per alcune persone, per alcuni alimenti potrebbe essere una sfida persa in partenza, almeno all’inizio. Potrebbero decidere che, se si trovano dintorno determinati alimenti, comunque ne mangeranno troppo, quindi preferiscono sbarazzarsene totalmente.

Questa strategia può funzionare. In effetti, incoraggio piuttosto le persone ad eliminare dalla cucina quegli alimenti che si tende a mangiarne troppi.

Ma non è la stessa cosa di etichettare un alimento come “cattivo”.

Quando etichettiamo gli alimenti come “qualcosa che tendo a mangiarne troppo” invece  che “cattivo”, siamo più propensi a rilassarci, rimanere flessibili e, potenzialmente, diventare qualcuno che può godere dello stesso cibo, ma con moderazione.

Motivo #4 – Classificare gli alimenti come “buoni” e “cattivi” può funzionare, ma di solito solo per poco tempo.

Avendo assistito parecchie persone, posso dire con sicurezza che “tutto o niente” quasi mai fa ottenere “tutto”.

Invece, spesso si ottiene “niente”.

Ad esempio, quando qualcuno decide di smettere di mangiare cibi “cattivi”, di solito si sforza davvero di rimanere fedele al proprio obiettivo. Si impegna e può persino riuscire a evitare un lungo elenco di cibi proibiti … ma solo per un po ‘.

Poi qualcosa va storto.

Magari vanno al lavoro e scoprono che un collega ha lasciato dei biscotti farciti fatti in casa sulla scrivania.

Oppure passano la giornata “a stecchetto” e la sera si ritrovano a testa in giù dentro un barattolo di gelato mentre pensano “così non va bene…

O magari guidano per ore per far visita a parenti e cosa trovano da mangiare? Solo ciò che hanno messo nella lista di cibi proibiti.

La rigidità – buona o cattivo, tutto o niente – è nemica della coerenza.

D’altro canto, la flessibilità ti aiuta a rimanere più coerente. Questo perché ti consente di poterti affidare a tutte le soluzioni disponibili.

La flessibilità consente inoltre alle persone di utilizzare la propria “guida interna” (consapevolezza), anziché le regole esterne di qualcun altro, per decidere quali alimenti mangiare, quando mangiarli e perché.

Quindi, ad esempio, invece di evitare i dolci solo perché un sito di salute ha detto di smettere di mangiarli, qualcuno potrebbe chiedersi:

  • Ho fame?
  • Sono stressato?
  • Ne vale la pena questo cibo?
  • Cos’altro ho mangiato oggi?
  • Cosa mi permetterebbe di apprezzare veramente questo cibo, senza esagerare?

Quella “guida interna” – che poi si traduce in consapevolezza –  potrebbe consentire a quella persona che ha trovato i biscotti farciti in ufficio di dire: “Eh si, mi piacciono molto, ma me lo terrò per il dopo pranzo, quando non sarò così affamato, così posso mangiarlo lentamente ed assaporalo sul serio“.

O quella persona che è a testa in giù nel barattolo del gelato potrebbe dire: “Va bene,  questo era probabilmente più gelato di quanto il mio corpo avesse davvero bisogno. Vero, non ci si può girare intorno, ma come posso evitare di ripeterlo in futuro? Ci sono altri modi con cui posso consolarmi senza dover assaltare il frigorifero?

E per quella persona che si ferma dai parenti, la flessibilità e la consapevolezza gli consentiranno di fare delle scelte e optare per il pasto migliore per se in quel momento.

Motivo #5 – Va bene – ed è completamente normale – mangiare per piacere

Il cibo ha molti scopi che vanno ben oltre il semplice riempire il corpo con sostanze nutritive e calorie.

Alcuni alimenti non sono necessariamente carichi di sostanze nutritive, ma:

  • Hanno un sapore incredibile.
  • Ci legano ad amici e parenti.
  • Ci danno senso di appartenenza.
  • Danno valore a celebrazioni, feste, ricorrenze ecc ecc.

In altre parole, il cibo non è solo carburante. È anche amore, cultura, piacere e molto altro ancora.

Quando pensi al cibo in questo modo, tutto – persino la torta speciale super-farcita di tua nonna – può avere uno scopo e un posto.

Invece di un elenco di alimenti che puoi o non puoi mangiare, hai invece la possibilità e la consapevolezza di fare delle scelte. Così avrai cibi che scegli di mangiare per energia, piacere, salute e molte altre ragioni importanti.

Motivo #6 – Quando siamo ossessionati dai “cibi cattivi”, ci limitiamo nella capacità di evolverci.

L’astensione rigida può insegnarci a diventare davvero bravi a… astenerci.

E se ti trovi bene astenendoti da un lungo elenco di alimenti per il resto della tua vita, non c’è niente di sbagliato in questo approccio.

Ma se ti senti a disagio e non ti senti bene con una specie di condanna all’ergastolo senza biscotti, senza dolci, senza torta, senza pane e senza pasta, allora potresti essere contento di sapere che esiste un approccio alternativo. Si tratta di incuriosirsi sul motivo per cui si lotta per moderare il consumo di determinati alimenti.

Considera:

  • Cosa porta a sentirsi fuori controllo?
  • Che cosa fa scattare i pensieri “Ho bisogno di questo” e “Non riesco a smettere di mangiarlo“?
  • Quando è possibile mangiare questo cibo in quantità moderate (se è il caso)?
  • Quando no?

Il punto: piuttosto che concentrarti sui “cibi cattivi”, cerca tra i motivi sottostanti (chiamati trigger) quelli che ti portano a “lottare”.

Un trigger può essere:

  • Una sensazione. Potremmo mangiare di più quando siamo stressati, soli o annoiati. Il cibo riempie il vuoto.
  • Un’ora del giorno. Mangiamo sempre un biscotto alle 11 del mattino o una bibita alle 3 del pomeriggio. Fa solo parte della nostra routine.
  • Una impostazione sociale. Ehi, tutti gli altri stanno bevendo birra e mangiando patatine, vado anche io all’happy hour!
  • Un posto. Per qualche ragione, un cinema, una località particolare o la cucina dei  genitori potrebbero farci desiderare di mangiare qualcosa.
  • Un modello di pensiero. Pensare che “io me lo merito” o “la vita è troppo dura per mangiare verdura” potrebbe farti andare nella direzione sbagliata.

Per scoprire i trigger, spesso chiedo di tenere un diario alimentare, scrivendo tutto ciò che mangiano e bevono per una settimana o due. Quando si trovano a desiderare qualcosa o di sentirsi fuori controllo, gli chiedo loro di annotare le risposte a domande come:

  • Cosa sto provando?
  • Che ore sono?
  • Con chi sono?
  • Dove sono?
  • Che pensieri sto avendo?

Ci si avvicina ad una mentalità di “feedback per il non fallimento”.

Il punto non è punirti perché fai qualcosa di sbagliato. È per aiutarti a valutare cosa sta realmente succedendo.

Una volta compreso il motivo per cui stai ricercando questi alimenti, sarò meglio attrezzato per suggerirti azioni che ti aiutino davvero a spostarti verso una relazione più sana con tutti gli alimenti.

L’evoluzione dell’uomo senza alimenti cattivi

Domenico è cresciuto leggendo riviste di body-building. Per la maggior parte della sua vita, ha pensato che le verdure, il petto di pollo, i bianchi d’uovo, le patate dolci, l’avena e alcuni altri alimenti fossero “buoni”.

Tutti gli altri alimenti? Cattivi.

A dire il vero, queste distinzioni non lo hanno interessato fintanto che non ha cercato di perdere massa grassa.

Ma una volta che ha iniziato a provare a limitare la sua assunzione, l’etichetta “cattivo” ha funzionato come un faro che lo ha attirato direttamente al gelato.

In quel momento ero tipo “Oh, questo è un problema“, racconta.

Per diversi mesi, si è astenuto completamente da tutti i dolci. Non ha mangiato zucchero, per niente.

Ma sapeva già che non sarebbe stato un modo sostenibile o piacevole di vivere.

Dopo aver applicato le strategie che hai visto sopra invece Domenico ha iniziato a visualizzare il suo elenco di cibi cattivi in modo diverso. Invece di vedere il gelato come “cattivo”, lo ha considerato come “un cibo che mi piace, ma rallenta i miei progressi”.

Quella nuova etichetta gli ha permesso di considerare come e in quali condizioni convivere con questa dolce sorpresa.

Ora, se lo mangio, sarà in determinate condizioni in cui potrò sentirmi felice“, dice.

Ad esempio, adora concedersi un gelato nei negozi che lo preparano fresco quel giorno. Ma il gelato di qualità inferiore per lui non ne vale più la pena.

Oggi Domenico è più leggero di 45 chili e sta aiutando altri a seguire le sue orme.

“Se non ci sono cibi buoni o cattivi, come si può allora sapere cosa mangiare e cosa limitare?”

È una storia che si sente spesso.

Questo perché alcune persone presumono che “nessun cibo è cattivo” sia sinonimo di “tutti i cibi sono buoni, quindi mangia quello che vuoi”.

Ma non è proprio quello che sto dicendo.

Sto invece dicendo questo: piuttosto che dividere il cibo in sole due categorie – buoni e cattivi – di solito è più utile per la maggior parte delle persone vedere il cibo come una sequenza di mangiare troppo, mangiare un po’ meno ed infine mangiare di meno.

Inizialmente, questo potrebbe semplicemente sembrare un altro modo di ordinare il cibo in categorie, ma non lo è.

A differenza delle liste di cibi cattivi, che tendono ad essere universalmente rigide, una sequenza “permette a tutto di essere contestualizzato e personalizzato”.

“Se il mio obiettivo è il guadagno muscolare, la mia sequenza sarà diversa se il mio obiettivo è invece la perdita di grasso”.

Una volta che le persone hanno definito quella sequenza per sé, lavoro con loro per trovare il modo di includere più alimenti “che si possono mangiare di più” e meno “he si possono mangiare di meno”, con l’obiettivo di rendere ogni pasto un po’ migliore.

Ad esempio, Domenico era un cliente che voleva perdere grasso. Ecco come il concetto “solo un po’ meglio” gli ha fatto evolvere un tipico pranzo da fast-food.

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Alla fine è arrivato allo stesso risultato come se avesse fatto elenchi di alimenti proibiti, ma lo ha fatto a piccoli passi e in un modo che alla fine è risultato più sostenibile.

Inoltre, non significa che non avrebbe mai più potuto avere un cheeseburger con doppio bacon e patatine. A volte gli capita di farlo, gli piace, ma alle sue condizioni.


Vita da Coach!

“Il mio assistito crede nei cibi cattivi, come se fossero una religione. Aiuto!”

Se dici ai tuoi assistiti che “non ci sono cibi cattivi” di solito ti guardano persi nel vuoto.

In questo caso fai finta di niente, dice Kate Solovieva.

Assumi una faccia da giocatore di poker e fai domande che sembrano ovvie.

Ciò che segue è una conversazione che Solovieva ha avuto con un suo assistito proprio su questo argomento.

  • Assistito: I cibi cattivi sono il mio problema. Devo eliminarli, ma non riesco proprio a toglierli.
  • Coach: Allora, puoi dirmi qualcosa in più. Quando parli di eliminare i cibi cattivi, cosa intendi?
  • Assistito: togliere lo zucchero dalla mia dieta.
  • Coach: Quindi quando dici zucchero, quali sono le cose a cui stai pensando?
  • Assistito: Dolci. Cioccolato: il cioccolato poi è la mia debolezza.
  • Coach: Quindi … ti piace davvero il cioccolato?
  • Assistito: Assolutamente.
  • Coach: Aiutami a capire. Cosa ti piace?
  • Assistito: Non so se è la velocità con cui posso mangiare la barretta di cioccolato, o forse è il fatto che non posso mangiarlo sempre. Non lo so. C’è qualcosa nel cioccolato.
  • Coach: Quindi, in un certo senso, ti fa sentire molto bene. E ovviamente ti dà piacere. Cosa te lo fa etichettare come cattivo?
  • Assistito: è il conteggio ipercalorico e la quantità, la porzione.
  • Coach: Quindi l’alto numero di calorie lo rende cattivo? Puoi spiegare?
  • Assistito: Beh, per me, porta ad un aumento di peso.
  • Coach: Quindi quello che sto ascoltando è che non è il cioccolato ad essere cattivo. È l’aumento di peso che non va bene, è giusto?
  • Assistito: Praticamente si, esattamente.
  • Coach: Quindi sono curioso di sapere qualcosa di più su quello hai detto. Tu ami il cioccolato. Ti piace. Ti piace il gusto. Quando ho chiesto perché è cattivo, mi hai parlato delle calorie e delle porzioni. Mi puoi dire di più?
  • Assistito: Beh, non posso mangiare solo uno o due quadretti. Idealmente non dovrei mangiarne più di cinque quadretti, mezza barretta. Ma non ho quel controllo. Nel momento in cui lo assaggio, devo averne sempre di più.
  • Coach: Quindi cosa succede quando non hai del cioccolato?
  • Assistito: Sono passato mesi senza. Ed è fantastico! Ma poi finisco per mangiarlo, come in un’occasione speciale. E poi mi abbuffo. E così poi tutto precipita. Quindi starei meglio se non lo mangiassi affatto.
  • Coach: cosa pensi che succederebbe se potessi mangiarne un po’… tutti i giorni? Apposta.
  • Assistito: Non lo so … Non penso di avere quel controllo. Dovrei provare…?
  • Coach: non lo so. Pensi che dovresti provare?
  • Assistito: (sembrando incerto) Certo, forse posso provarlo
  • Coach: Sembra che il tuo comportamento stia accadendo perché non puoi mangiarlo tutti i giorni. Quindi forse puoi provarlo come esperimento. Così vedi cosa succede se, ogni giorno, mangi questa cosa che ti piace. E quando lo mangi, se ne vuoi di più, puoi semplicemente ricordarti che puoi averne di più, ma domani. Mi segui?
  • Assistito: Sì.
  • Coach: è un esperimento che può spaventare, ma se decidi di provarci, fammi sapere, ok?
  • Assistito: Ok, lo farò. Sono un po’ nervoso, ma ci proverò.

E poi la conversazione continua per definire l’esperimento: quanto cioccolato? A che ora del giorno? Come lo mangerai? E indipendentemente da ciò che l’assistito alla fine farà, indipendentemente dal fatto che provi il suggerimento o meno, “sarà in grado di tornare dal Coach senza sentirsi giudicato”, dice Solovieva.

“Ma allora non è semplicemente più facile solo non mangiare determinati alimenti?”

Per alcune persone in alcune situazioni in determinati punti del loro percorso, sì.

Ma questa necessità di astenersi non deve essere una situazione permanente. Una volta sviluppate una serie di abitudini, molte persone possono passare dall’astenersi da determinati alimenti alla loro moderazione.

Ecco perché mi piace chiedere a chi assisto di considerare due domande sugli alimenti che pensano siano cattivi:

  • Cosa fa questo cibo, per te?
  • Cosa vorresti che ti facesse?

Ad esempio, forse, in questo momento, alcuni alimenti ti fanno sentire fuori controllo perché fai fatica a smettere di mangiarli una volta che inizi. Ma ti piacerebbe che diventassero semplicemente cibi che ti piacciono ma da prendere con moderazione.

Quali sono tutti i modi possibili per passare dal punto A (fuori controllo) al punto B (qualcosa che mi piace con moderazione)?

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Ci sono dozzine di altre possibilità che non ho nemmeno elencato nella tabella sopra. Potresti provarne una. Potresti provarne diverse. Potresti provarle tutte.

Il punto: potresti scoprire che liberarti dalla mentalità “buono vs. cattivo” ti permetterà di scoprire più possibilità che non avresti mai pensato.

E, durante il percorso, potresti anche scoprire che questa mentalità più ampia e flessibile ti consente non solo di goderti ogni pasto molto di più, ma anche di raggiungere i tuoi obiettivi più rapidamente… e di mantenerli per sempre!


Riferimenti:

  1. Harrison R, Warburton V, Lux A, Atan D. Blindness Caused by a Junk Food Diet. Ann Intern Med [Internet]. 2019 Sep 3; Available from: http://dx.doi.org/10.7326/L19-0361
  2. Pham N, Mandel N, Morales AC. Messages from the Food Police: How Food-Related Warnings Backfire among Dieters. Journal of the Association for Consumer Research. 2016 Jan 1;1(1):175–90.

[articolo redatto in collaborazione con precisionnutrion.com]

La Vitamina D: influisce sulle prestazioni?

La carenza di vitamina D è stata collegata a molte situazioni, dalla salute delle ossa e dei muscoli al benessere emotivo. Ecco come monitorarlo e assicurarti di averne abbastanza.

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Il sole caldo sulla pelle nuda non è solo piacevole, ma consente anche al corpo umano di produrre Vitamina D, un ormone secosteroide che viene creato nella pelle dopo l’esposizione alle radiazioni UVB.

La vitamina D è stata ampiamente studiata e ha dimostrato di essere importante per la salute delle ossa, la crescita muscolare, il recupero e la funzione immunitaria, compresa la lotta contro le infezioni virali. La vitamina D è stata correlata all’abbassamento della  pressione sanguigna, alla la salute del cuore e persino al benessere emotivo.

Gli atleti interessati a massimizzare le loro prestazioni dovrebbero considerare che, sebbene alcuni dei dati siano ancora dibattuti, molti punti puntano sulla vitamina D come “player” che potrebbe influenzare positivamente le prestazioni.

L’80-90% del fabbisogno di vitamina D è soddisfatto dall’esposizione ai raggi UVB e solo il 10-20% proviene da fonti alimentari. Poiché la maggior parte degli adulti che lavorano trascorre la maggior parte delle ore di luce al chiuso, non è una sorpresa che la carenza di vitamina D sia estremamente comune. Secondo alcune stime,  fino all’80% della popolazione mondiale ha delle carenze.  La carenza di vitamina D sta diventando un’epidemia nei paesi Occidentali, anche tra i gruppi di popolazione che in precedenza non erano stati etichettati come “a rischio “.

Gli atleti dovrebbero prendere nota: studi molto recenti suggeriscono che la carenza può influenzare la funzione e la forza muscolare insieme a impatti negativi sulla salute e sulla guarigione delle ossa.

Sei a rischio?

Potrebbe essere sorprendente apprendere che non tutti i periodi di sole del giorno sono uguali. La pelle richiede l’esposizione ai raggi UVB, che sono presenti nell’atmosfera solo quando il sole raggiunge i 35 gradi, altrimenti noto come mezzogiorno solare. Per gli individui che vivono al di sopra della latitudine nord di 35 gradi, il sole non raggiunge letteralmente l’angolo necessario per la penetrazione UVB per tutti i mesi invernali, il che significa zero opportunità per la produzione di Vitamina D. Anche durante le ore di punta, indossare la protezione solare o indumenti protettivi per la pelle può impedirne la produzione.

Inoltre anche le caratteristiche fisiche di un singolo individuo, inclusi i toni della pelle più o meno scuri o chiari, il grasso corporeo più elevato e l’età (oltre i 50 anni) possono  portare a tempi di produzione di vitamina D più lenti e ad un maggiore rischio di carenza. Gli atleti che si allenano prevalentemente al chiuso o durante le ore non di punta sono a rischio quanto quelli che lavorano al chiuso o non escono durante il giorno. L’esercizio in sé non promuove la produzione di Vitamina D.

Quanto è normale?

Il requisito USA è di 600 UI / giorno, ma ci sono studi sulla popolazione di atleti che suggeriscono che non è sufficiente per l’attivazione del sistema immunitario. Se si osservano le quantità nel sangue, in linea con le ultime linee guida, gli intervalli normali per i livelli sierici di 25 (OH) D sono definiti come 30-50 ng / mL o 40-60 ng / mL. L’insufficienza di vitamina D è definita come livelli sierici di 20-30 ng / mL e la carenza di vitamina D come livelli sierici inferiori a 20 ng / mL.

A differenza di molte altre vitamine che puoi controllare monitorando la dieta, la vitamina D può rimanere un mistero a meno che non venga effettuato un esame del sangue.

Cosa puoi fare?

Un’app davvero interessante rilasciata nel 2017 si chiama dminder. Traccierà letteralmente la tua Vitamina D in base al tono della pelle, all’età, al peso e alla quantità di pelle esposta. Puoi inserire integratori e l’app utilizzerà la tua posizione geografica e l’ora corrente per aiutarti a coordinare le uscite per massimizzare i raggi UVB ma anche prevenire le scottature. I dati vengono salvati e calcolati, quindi a colpo d’occhio si riuscirà a sapere se vengono soddisfatte le esigenze. Ricorda, abbiamo bisogno solo di circa 15 minuti al giorno, diversi giorni alla settimana, quindi non è un grande impegno di tempo.

E non dimenticare il 10-20% di Vitamina D dalla tua dieta.

Controlla le etichette: la maggior parte dei cereali, del succo d’arancia e del latte vegetale sono arricchiti con abbastanza Vitamina D per soddisfare le tue esigenze. Il tofu è un’altra opzione ricca di nutrienti. I funghi, in particolare quelli che hanno trascorso del tempo alla luce UV del sole o di una lampada, sono anch’essi ricchi di Vitamina D. Infine, se vivi dove sono disponibili frutti di mare freschi e sostenibili, la maggior parte si qualifica come una buona fonte di Vitamina D.

[Spunto tratto da Training Peaks . com]

 

La cadenza: chiave per il successo

Per andare forte in bici bisogna saper “far girare agile i rapporti lunghi” (Francesco Moser).
E poi c’è Chris Froome, che dell’agilità ha fatto il suo marchio di fabbrica.

La cadenza è la velocità con cui ruoti le gambe per far muovere la bicicletta, ed è generalmente misurata in rivoluzioni (giri) per minuto, ovvero RPM. Tra tutte le cose di cui si parla tra ciclisti per migliorarsi, anche in modo ossessivo, questa è generalmente relegata all’ultimo posto… nonostante gli enormi vantaggi che può apportare.

Vale la pena ripassare l’argomento.

Potenza = Forza x Velocità

In un contesto ciclistico la potenza dipende dalla forza che si ha a disposizione e la velocità dipende dalla cadenza.

Alta potenza ciclistica = rapporto grande x alta cadenza… sembra ovvio, come appunto diceva Moser.

Per generare più forza hai bisogno di lavorare per diventare più forte, e ci va tantissimo allenamento, tanta fatica e sforzi, mentre per migliorare ed aumentare la cadenza devi allenarti sicuramente ma con meno impegno fisico e probabilmente anche mentale.

Qual’è la tua cadenza ideale?

Si sono condotte diverse ricerche su questo argomento con altrettanta confusione. Addirittura è  stato condotto un test pedalando a 50 W con 50 rpm che si è dimostrato essere più efficace che pedalare a 50 W con 100 rpm… ma nessuno pedala a 50 W!

Il mio consiglio è in linea di massima generalmente su un terreno pianeggiante o ondulato di cercare di tenere una cadenza tra 85-100 rpm. Nelle salite cercare di non scendere sotto i 70 rpm per troppo tempo, perché le basse cadenze portano più stress ai muscoli ed anche alla schiena se protratte a lungo, e questo comporta maggiore fatica. Pedalare invece agile a frequenze più alte riduce lo stress muscolare ed anche se impegna di più il sistema cardiovascolare (la frequenza cardiaca sale) questo ha capacità di recuperare molto più velocemente da una fase più impegnativa.

Tutti i ciclisti professionisti (tranne uno) che hanno battuto il record dell’ora hanno pedalato nei loro tentativi riusciti con cadenze medie oltre i 100 rpm. Questo dovrebbe dirti qualcosa su cosa serve per andare forte!

DistanzaNomeNaz.LuogoDataRapportoSviluppoPed.Cadenza
49.431Eddy Merckx
BELCittà del Messico
25.10.197252×14
7.93 m175103.9
50.808Francesco Moser
ITACittà del Messico19.01.198456×15
8.12 m175104.3
51.151Francesco MoserITACittà del Messico23.01.198457×15
8.27 m
175103.1
51.596Graeme Obree
GBRHamar17.07.199352×129.25 m
17593.0
52.270Chris Boardman
GBRBordeaux23.07.199353×138.56 m
175101.80
52.713Graeme Obree
GBRBordeaux27.04.1994n.dn.d.175n.d.
53.040Miguel Indurain
ESPBordeaux02.09.199459×148.76 m
190100.9
53.832Tony Rominger
ZWIBordeaux22.10.199459×148.76 m172.5101.4
55.291Tony Rominger
ZWIBordeaux05.11.199460×149.02 m
172.5102.2
56.375Chris Boardman
GBRManchester06.09.199656×138.95170105.0

Se il tuo “passo di crociera” ha una cadenza inferiore a 85 rpm è quindi arrivata l’ora di fare qualche cambiamento per migliorare sia la durata che la velocità delle tue uscite in bici.

Come sempre quando si deve affrontare un cambiamento, anche questo deve essere graduale. Una componente del velocizzare la propria pedalata non è fisica ma mentale: allenare il cervello a mandare messaggi alle gambe di muoversi più velocemente può non essere semplice. Se pedali abitualmente a 70 rpm (scommetto che molti di voi sono in questa situazione) e ti dicessi “da adesso in poi pedala a 95 rpm”  sarebbe un disastro! Lo troveresti estremamente difficoltoso e abbandoresti in fretta qualsiasi ulteriore tentativo.

Visualizzalo

Quello che non visualizzi non può essere cambiato. In altre parole, se non hai un sensore di cadenza compralo, installalo e configura il computerino in modo da vedere questo dato nella prima pagina.

Vai a step

Diciamo che, ad esempio, devi incrementare da 75 a 95 rpm, sono 20 rpm in più o, meglio ancora, un incremento del 27%. Questo è un cambiamento praticamente impossibile da raggiungere in un colpo! Il tuo cuore andrà alle stelle, la tecnica di pedalata sottoterra e te lasceresti perdere.Invece, suddividi l’incremento in step da 5 rpm. Poniti l’obbiettivo di arrivare ad 80 rpm nelle prime uscite. Anche questo ti sembrerà un po’ strano all’inizio e lo troverai già duro da mantenere. Quando poi ti sarà normale pedalare a 80 rpm punta ad arrivare a 85 e così via fino a 95 rpm.

Vai veloce

Per migliorare la trasmissione neuronale ed insegnare alle gambe a muoversi più velocemente, mi piace consigliare delle sessioni super veloci che in realtà vengono meglio su un trainer indoor.

Sessione per la cadenza: scegli un rapporto confortevole e prova ad andare alla cadenza più alta che riesci e che ti permetta però di non perdere il controllo e non rimbalzare sulla sella (resistenza del rullo non oltre 60%). Cerca di mantenere questa cadenza per 4 minuti e mezzo. Quindi, arriva alla cadenza massima e mantienila per 30 secondi, non preoccuparti ora se perdi il controllo o rimbalzi. Ripeti questa sequenza di 5 minuti per 20-40 minuti. Alla fine controlla la cadenza media ed annotala. La prossima volta prova ad incrementare questa media e così via. Se segui questo schema il miglioramento sarà molto veloce. Chiamami quando arriverai ad una cadenza media di 120 rpm che ti offro da bere!

Controlla la configurazione

La tua cadenza è inflluenzata dalla forma del tuo corpo. Ti ricordi dei tempi della scuola, nelle lezioni di fisica quando ti facevano fare quegli strani esperimenti con leve e puleggie? Bene: allora ti ricorderai che le leve lunghe sono più forti ma si muovono più lentamente rispetto alle leve corte. Lo stesso per il ciclismo, la leva che è più interessata è l’osso della coscia, ovvero il femore. I femori lunghi sono generalmente più adatti per il ciclismo perché possono esercitare più pressione sui pedali a parità di forza.

Se hai un femore particolarmente lungo avrai bisogno di una pedivella lunga, viceversa chi ha il femore corto opterà per una pedivella più corta che vada bene per la propria struttura. Quello che capita normalmente è però che la maggior parte delle bici vengono oramai fornite come standard con pedivelle che vanno bene per femori di lunghezza media, ovvero 170-172.5. Per questo, se sai di avere misure femorali non medie sarebbe meglio controllare in modo da avere la lunghezza della pedivella corretta, non tralasciare questo dettaglio.

Velocità

Incrementando la cadenza migliorerai anche la resistenza poiché sforzerai di meno i muscoli, che si stancano velocemente. Migliorerai anche la velocità a parità di sforzo.

Nella tabella che trovi più sotto possiamo vedere come cadenza e rapporti si traducono in velocità. Per primo, analizziamo un rapporto da salita come il 34×27 (in una configurazione compatta, la corona piccola davanti ed il pignone da 27 dietro, ovvero l’ultimo od il penultimo della cassetta). A 60 rpm (la cadenza dove si posiziona la maggior parte di voi) la bicicletta andrà a 9.82 km/h; se potessi mettere dietro il pignone da 30 ed aumentassi la cadenza a 70 rpm… incrementeresti la velocità a 10.31 km/h. Che è circa 4.6% più veloce del 34×27 a 60 rpm. In una salita da 10 km il rapporto più agile unito ad una cadenza leggermente più elevata ti farebbe arrivare 2 m 45 sec prima. E guarda nella tabella se la tua cassetta prevede come pignone più grande il 28… Se impari a gestire bene la cadenza più elevata farai le salite più velocemente e con meno fatica muscolare e quindi maggior resistenza.

Adesso invece prendiamo in considerazione un rapporto per la velocità. Il 50×12 a 90 rpm genera una velocità di 48.75 km/h. Se mettiamo il 50×13 ed incrementiamo a 100 rpm andremo a 50.00 km/h, un guadagno del 2.6%. In una prova a tempo come una crono questo fa una differenza abissale, ed anche qui la cadenza più elevata ti farà risparmiare fatica muscolare e ti permetterà di conseguenza di andare più veloce e più a lungo. Incrementare la cadenza di 10 rpm non è banale, ma è possibile in tempi relativamente brevi.


Aiutare gli atleti che seguo a migliorare la cedenza è un punto chiave del mio lavoro di coaching. È una delle prime cose che controllo quando analizzo i dati registrati di un allenamento ed è uno degli elementi su cui insisto di più. Questo perché ho visto quanto  è importante e l’impatto positivo che ha sulle proprie prestazioni ciclistiche anche a fronte di sforzi tutto sommato contenuti… direi quasi che è un gioco da ragazzi rispetto ai vantaggi che si ottengono!

Per questo motivo nei miei piani di allenamento, specialmente i più avanzati, sono sempre contenute delle sessioni propedeutiche all’incremento della cadenza di pedalata.

Clicca qui per avere maggiori informazioni sui piani disponibili!

Autunno e il ciclismo: cosa fare (e cosa non fare)

L’autunno significa diverse situazioni per differenti tipi di ciclisti.

Per alcuni è la fine della stagione agonistica ed è sola una transizione in attesa della ripresa degli allenamenti invernali.

Per altri, quelli che invece ad esempio corrono nel ciclo-cross o in pista… la stagione delle gare sta per cominciare.

A tutti invece il meteo pone spesso delle sfide, sovente nella stessa uscita si possono presentare tutte le quattro stagioni!

Segui questi consigli per far si che questo autunno possa essere il migliore di sempre!

Fai una pausa

Se hai collezionato chilometri su chilometri durante l’estate, l’autunno è la stagione perfetta per fare una pausa anche dagli allenamenti strutturati, dalle tabelle ecc ecc: questa pausa ti porterà benefici sia fisici che mentali e ti darà nuovi stimoli e motivazioni per riprendere gli allenamentiIMG_7772.jpg più avanti nella stagione invernale. Non c’è bisogno di fermarsi completamente, cambia solo atteggiamento verso il ciclismo, dall’enfasi per l’allenamento e le competizioni all’aspetto più sociale ed il piacere di pedalare in libertà.

Se smetti per un po’ di seguire Tabelle & C. un’alternativa perfetta può essere quella di fare qualche uscita “fuori strada”: fare delle uscite in mountain bike, ciclo-cross o gravel apporta beneficio anche per la pratica della bici da corsa su strada e fornisce un’ottima base di allenamento per l’inverno.

Test

Quando sarai pronto per ributtarti negli allenamenti la prima priorità sarà di eseguire il Test Funzionale della Soglia (o della Potenza) in modo daheartrate calibrare accuratamente le zone di allenamento. Questa è la base per quasi tutti i Piani di Allenamento, ma anche se non seguirai un allenamento strutturato la corretta impostazione delle zone sono comunque essenziali per ottenere il massimo dal periodo invernale che seguirà. La procedura completa la troverai nei succitati piani, ma un modo semplice w comunque valido è descritta in questo articolo.

Pianifica l’allenamento invernale

Qui hai a disposizione Piani di Allenamento, per tutti i livelli, sia che tu stiaPlanning2 incominciando a muovere i primi passi in bici o che voglia migliorare la tua forma in vista della prossima stagione agonistica. L’autunno è perfetto per incominciare a pianificare gli obbiettivi della stagione che verrà.

Bici, attrezzatura ed abbigliamento

maxresdefaultSe non hai una bicicletta dedicata alla brutta stagione (che avrai quindi già messo a posto e pulita prima di ritirarla la scorsa primavera) ed utilizzi quindi sempre la stessa tutto l’anno, preparala per l’inverno già ora anzichè farti trovare impreparato più avanti.

 

Qualche consiglio:

  • assicurati di pulire regolarmente telaio, catena, pignoni, corone, freni e cerchi, soprattutto dopo ogni giro in condizioni di bagnato
  • lubrifica la catena e gli ingranaggi più frequentemente che nella bella stagione
  • fai eseguire una messa a punto presso il tuo meccanico più frequentemente per assicurarti che sia in buone condizioni.

Uscire in autunno vuol dire affrontare situazioni miste. Un attimo c’è il sole e fa caldo, ma appena giri l’angolo ecco arrivare il freddo imprevisto! E poi le giornate si accorciano, quindi il calore del sole in ogni caso svanisce prima. Questo significa vestirsi a strati, utilizzando manicotti, gambali, gilet antivento (va bene anche per riparare dal freddo non eccessivo) e copriscarpe leggeri.

Allenamento Indoor

Allenarsi al coperto con i rulli non è solo un ripiego per evitare di pedalare con la pioggia o il freddo ma è invece un ottimo sistema per risparmiare tempo (visto che ce n’è sempre poco) e per focalizzarsi totalmente sull’obbiettivo dell’allenamento.

Ci sono diverse alternative:

  • Rulli classici
  • Rulli liberi
  • Bici statica
  • Lezioni di Spinning

Leggi questo articolo per approfondire l’argomento.

Ciclo-cross e Pista

In questa stagione iniziano la maggior parte delle competizioni di ciclo-cross, un ottimo strumento per mantenere la forma (ma senza esagerare se il tuo obbiettivo della prossima stagione è con la bici da corsa).

Se poi hai la fortuna di vivere vicino ad un velodromo e soprattutto coperto, l’autunno è il momento perfetto per approfittarne e sfruttarlo per pedalare in sicurezza. Informati solo presso la struttura per sapere quando è previsto che vi si possa accedere liberamente.

Palestra

Autunno ed Inverno sono i periodi ideali per dedicare un po’ di tempo ad allenarsi in palestra, per rinforzare quei comparti muscolari non utilizzati nel ciclismo e tonificare così tutto il corpo.

Mangia bene

In autunno ed inverno la tentazione di mangiare di più è forte… e con l’aggiunta di cibi tendenziamente più calorici e la diminuzione del volume di allenamento è facile prendere del peso. In ogni caso non è un problema se l’aumento è contenuto: leggi questo articolo per avere indicazioni più precise su questo argomento.

Stai bene

Malesseri stagionali, raffreddori, influenze vanno a braccetto con questa stagione, a causa soprattutto dell’alternanza freddo/caldo. Integra la tua alimentazione soprattutto con la Vitamina D per rinforzare le difese immunitarie: qui trovi un validissimo prodotto (contattami per info su come averlo, anche scontato).

 

Suggerimenti per pedalare meglio d’inverno

Siamo di nuovo in inverno. In molti posti fa freddo… ma pensi che basti questo per tenerti lontano dalla bici?

Segui questi consigli per continuare a pedalare felicemente anche in questa stagione!!!


Vestiti in modo appropriatoFantozzi-Filini-bici.jpeg

Uno dei segreti per restare caldi pedalando d’inverno è proteggere testa, mani, piedi ed il torso.

Buona parte del calore del corpo viene espulso dalla testa, quindi indossare un  passamontagna sotto il casco ti aiuterà sicuramente a preservare il calore; un’alternativa sono gli ormai famosi “tubi” di pile od altri materiali termo-isolanti, ne puoi usare uno per la testa ed uno per la bocca ed il collo.

Indossa guanti con le dita lunghe ed eventualmente anche dei guantini più leggeri come “sotto-guanti”; un capo sicuramente caldo per le mani sono le muffole anche se a mio parere non sono molto adatte al ciclismo perché non lasciano libertà di movimento alle dita.

Il materiale di cui sono fatte le calze è fondamentale: da mio punto di vista il migliore è la lana merino, è isolante, traspirante e leggera. Ma se fa veramente freddo considera anche di usare due paia di calze! Ed usa i copri-scarpe per proteggere i piedi dall’aria fredda.

Vestiti a strati per proteggere il torso, includendo una giacchetta leggera e traspirante, anti-vento ed impermeabile. Maglietta intima termica sulla pelle, un capo intermedio e la giacchetta andranno bene nella maggior parte dei casi.

E le gambe? Le gambe si scaldano da sole velocemente pedalando, ma è altrettanto vero che si raffreddano quando non pedali, come può capitare ad esempio in discesa. Per questo considera di usare i gambali o i pantaloni lunghi o salopette quando la temperatura scende sotto i 10ºC.

Parti caldo…

D’inverno non partire già ghiacciato! Se è vero che nelle altre stagioni conviene sentire leggermente freddo appena si esce tanto poi ci si scalda… in inverno non è proprio così, questo il modo più sicuro per rovinarti l’uscita perché le tue estremità si raffredderanno quasi subito. Bevi qualcosa di caldo prima di uscire per poterti riscaldare sulla bici più agevolmente.

… e rimani caldo!!!

Se durante il giro ti sei scaldato bene ti sentirai a tuo agio e non soffrirai il freddo, che però è sempre in agguato! Fai attenzione a questi due casi:

  1. Le discese: d’inverno è consigliabile evitarle per tanti motivi, non ultimo il freddo; se proprio discesa deve essere, cerca comunque di far girare le gambe per tenerle calde e di coprire bocca e naso
  2. Le soste: è sicuramente molto bello fermarsi a  metà giro per prendere qualcosa in un bar caldo ed accogliente… ma fai in fretta!!! Un paio di minuti e via!!! Se ti dilunghi troppo a chiacchierare con la bella barista il sudore si raffredderà sulla tua pelle e quando riprenderai a pedalare ti ci vorranno diversi minuti di pura sofferenza per riportare la temperatura ad un livello accettabile

Fatti vedere

In molti posti gli automobilisti non si aspettano di vedere gente che pedala… figuriamoci d’inverno! Indossa capi di colori sgargianti e con elementi catarifrangenti anche se non pedali quando è buio, può essere difficile vederci anche a causa del sole basso. Utilizza luci sia davanti che dietro, accendile in modalità lampeggiante che danno più visibilità. Ed è anche molto importante che tu possa vedere dove vai: usa occhiali con lenti chiare o fotocromatiche!

Pianifica il percorso in anticipo

Ci possono essere detriti sulla strada in qualsiasi stagione, sulla pista ciclabile e sul bordo della strada; tuttavia questo è più comune durante i mesi invernali. Ed a questi si aggiunge anche il sale usato per prevenire il ghiaccio. Studia il percorso che farai prima di uscire e privilegia le zone più soleggiate rispetto a quelle in ombra.

D’inverno, se non sei troppo preparato, accorcia i giri perché trovarsi lontano da casa senza energie e con il freddo ed il buio impellente non è assolutamente una bella esperienza. Cerca piuttosto un percorso a circuito che ti permetta ad un certo punto di tagliare verso casa quando lo ritieni necessario.

Fai attenzione al vento

Se c’è vento e non puoi evitarlo, cerca di fare in modo di averlo di fronte all’andata e di dietro al ritorno, in modo da trarne beneficio quando sarai a corto di energie. D’inverno questo è più importante perché ti eviterà anche di avere del vento freddo in faccia quando sei più sudato e stanco.

Esci con amici

Ci sono innumerevoli benefici che si possono ottenere uscendo in gruppo: ci si diverte di più, ci si può alternare in testa per dividersi la fatica del vento, si può chiacchierare e ci si può aiutare in caso di inconvenienti o problemi meccanici.

Prenditi cura della bici

Le uscite invernali possono rovinare la bicicletta, presta particolare attenzione alla sua cura ed alla manutenzione.

Assicurati di pulire regolarmente telaio, catena, pignoni, corone, freni e cerchi, soprattutto dopo ogni giro in condizioni di bagnato. Lubrifica la catena e gli ingranaggi più frequentemente che nelle altre stagioni. Fai eseguire una messa a punto presso il tuo meccanico di fiducia sia all’inizio che alla fine dell’inverno per assicurarti che sia in buone condizioni.

Pedala al caldo

Può essere veramente duro e complicato pedalare all’aperto in inverno: questo è particolarmente vero se sei un agonista perché in questo caso non trarrai grandi benefici dall’allenamento se lo esegui in condizioni di troppo freddo, vento, ghiaccio o strade umide. Quindi, o prenoti un paio di settimane alle Canarie o ti adatti ad allenarti con un sistema di indoor trainer: è pratico e particolarmente adatto per pedalare al caldo ed al sicuro ottenendo anche degli ottimi risultati dal punto di vista dell’efficacia dell’allenamento, specialmente per le sessioni ad alta intensità. Puoi anche continuare ad andare fuori ma sapere comunque di poter contare sulla possibilità di allenarti indoor ti renderà più attento alla necessità o meno di esporti al maltempo. Ed inoltre ti può dare l’opportunità di fare allenamenti diversi e più specifici.

In sintesi: esci per gli allenamenti a sforzi bassi o medi, stai al coperto per quelli più intesi.