Molte persone pensano al cibo in termini binari:
Ci sono “cibi buoni” come verdure, cereali integrali e carni magre e ci sono “cibi cattivi” come ciambelle fritte, dolciumi vari, patatine e pane bianco.
Sembra abbastanza semplice. Basta sapere cosa mangiare (e cosa non mangiare) e saremo così tutti sulla buona strada per avere un bel ventre piatto e un buono stato di salute. Facile, no?
L’unico problema? Questo approccio binario non funziona nella vita reale… almeno non a lungo.
Immagino cosa potresti chiedermi caro Lettore…
“E allora che ne pensi delle bibite gasate? E le patatine fritte con maionese e formaggio filante? E i dolci fritti? Ma allora, se non ci sono cibi” cattivi, “perché si dice che la gente mangia solo spazzatura?”
E poi mi sembra di sentirti dire “guarda che classificare gli alimenti in “buoni” e “cattivi” è comunque logico e responsabile!“.
La ricerca dimostra però che quanto più si demonizzino determinati alimenti, quanto più è probabile che le persone li mangino.
E quando imponi rigide regole alimentari alle persone, tendono a essere MENO coerenti quando si tratta di mangiare sano.
Perché? E cosa dovresti fare invece?
In genere, a parte delle ovvie linee guida che posso consigliare, non mi piace dire esattamente cosa mangiare e cosa non, e non ne avrei neanche titolo.
In realtà, dico con un po’ di coraggio e spavalderia: “Non ci sono cibi cattivi“.
Questa posizione tende a suscitare molte e molte domande, motivo cui per ho deciso di buttarmi nel dibattito “cibi buoni vs. cibi cattivi”.
In questo articolo:
- esploriamo come il pensiero buono o cattivo può effettivamente indurre le persone a mangiare PIÙ cibi “cattivi”
- ti offro un modo alternativo di pensare a dolci, patatine e altri alimenti a basso contenuto di nutrienti
- ti fornisco tecniche che uso per aiutare a liberare chi assisto dalla mentalità “buono vs. cattivo”.
Sarò onesto: la filosofia “nessun cibo è cattivo” può spaventare, soprattutto le persone che hanno trascorso anni a organizzare gli alimenti in categorie buone e cattive.
Ma può portare anche ad una trasformazione.
C’è voluto del tempo, ma ho scoperto che una volta che le persone accolgono di nuovo i cibi che amano nelle loro vite – senza paura e senza colpa – fanno meno sforzi, apprezzano di più il mangiare e, oltretutto, sono in grado di superare gli ostacoli che si frappongono tra loro e i loro obiettivi alimentari salutari.
Perché l’approccio buono vs. cattivo non funziona.
Molte persone dividono il cibo in sole due categorie.
- Alimenti buoni: verdure, legumi, cereali integrali, pesce, carne magra e altri alimenti minimamente elaborati e ricchi di nutrienti.
- Alimenti cattivi: dolci, patatine, cracker, pane bianco, patatine fritte e altri alimenti altamente trasformati che offrono poco o nessun valore nutrizionale.
E prima di spiegarti perché non classifico il cibo in “buoni” e “cattivi”, voglio essere molto chiaro: le differenze nutrizionali tra queste due categorie sono abbastanza facili da individuare.
Molti dei cosiddetti alimenti “cattivi”, in quantità elevate, possono aumentare il rischio di una varietà di malattie.
Sono anche incredibilmente difficili da resistergli, l’industria alimentare ha veramente creato tantissimi prodotti economici e facilmente accessibili che le nostre papille gustative ed i cervelli adorano.
Ma sono davvero cattivi?
Non uso questa terminologia per sei motivi principali.
Motivo #1: un singolo alimento non definisce l’intera dieta.
Forse hai sentito parlare di un adolescente che ha mangiato solo quattro cibi per la maggior parte della sua vita: patatine fritte, patate in genere, pane bianco e carne di maiale trasformata (1).
E poi è diventato cieco.
È una storia limite, certo, ma è importante capire una cosa in prospettiva: quell’adolescente è un outlier fuori dalle statistiche. La maggior parte delle persone non mangia solo quattro alimenti, mangiano molto più vario.
E le patatine fritte, le patate, il pane ed il maiale da soli non hanno causato direttamente la cecità dell’adolescente.
L’hanno causata in modo indiretto, provocando tutti insieme una carenza degli alimenti necessari per una buona salute degli occhi.
Cosa conta davvero quindo per una buona salute? Equilibrio.
In altre parole, non bisogna che i tuoi pasticcini farciti, prodotti spray sostituiscano verdure, frutta, fagioli, noci, carni fresche, frutti di mare e altri cibi integrali ricchi di nutrienti.
Se lo fai, come l’adolescente che abbiamo menzionato, corri seriamente il rischio di carenze e le loro conseguenze.
Quindi la domanda è: sei in equilibrio?
Si sperimentano enormi benefici (perdita di grasso, miglioramento della salute) quando si passa da una cattiva alimentazione ad una media o al di sopra della media.
Ma alla fine, si vedono rendimenti (o miglioramenti) decrescenti.
Come mostra questo grafico, non solo i rendimenti sono molto più difficili da vedere dopo che l’80-90 percento della dieta è composta da alimenti integrali e minimamente elaborati, ma corri anche il rischio di disturbi alimentari come l’ortoressia (ossessione di alimentarti in modo sano).
La maggior parte (dall’80 al 90 %) di ciò che mangi è pieno di nutrienti e poco elaborato? (Pensa a verdure, frutta, carne, pesce, noci, semi, fagioli, lenticchie, cereali integrali) Allora c’è probabilmente spazio per cibi meno nutrienti.
La maggior parte di ciò che mangi è altamente trasformato e povero di nutrienti (pensa ai dolci ed alle patatine)? Considera piccole azioni per migliorare leggermente la tua dieta. Aggiungi lentamente più alimenti ricchi di nutrienti (verdure, frutta, pesce, pollame e così via) ad ogni pasto.
Motivo #2: nessun alimento è dannoso per tutte le persone in tutte le situazioni.
Per illustrare questo punto, come suggerisce la Master Coach di Precision Nutrition Kate Solovieva, ti faccio l’esempio della “cola”.
Molti la vedono come qualcosa di cattivo. Perché è ricca di zucchero e priva di vitamine e minerali.
Ma la “cola” è cattiva in tutte le situazioni?
“Diciamo che stai visitando un paese senza acqua potabile sicura, in questo caso, la cola – con la sua confezione a tenuta ermetica – è un’opzione molto migliore dell’acqua.”
O se stai sudando in una gara ciclistica di 100 km e la tua glicemia è così bassa che stai avendo allucinazioni e vedi elefanti rosa volanti. In tal caso, lo zucchero e la caffeina della cola potrebbero fare la differenza tra il finire la gara o il ritiro.
La nostra fisiologia e psicologia individuale influiscono anche su ciò che accade quando mangiamo alimenti specifici.
Lo zucchero aggiunto, ad esempio, colpisce chi ha con diabete di tipo 2 in modo diverso rispetto a quello le cui cellule sono insulino-sensibili. E può influire sulla stessa persona in modo diverso a seconda che sia privata o meno del sonno.
Motivo #3: Demonizzare determinati alimenti può renderli ancora più ricercati.
Molte persone ci dicono che l’astensione al 100% dai “cibi cattivi” è l’unico modo con cui riescono a mantenere un pizzico di controllo sul loro cibo.
Se dicono “okay” a un cibo “cattivo”, temono che questo le porti ad una dieta piena di biscotti, brownies, patatine fritte, nonché priva prima o poi di verdure e altri cibi “buoni”.
La questione è questa:
C’è una sottile differenza tra demonizzare totalmente un cibo ed astenersi semplicemente da esso perché sai che tendi a mangiarlo troppo.
Quando demonizziamo gli alimenti, “facciamo semplicemente la morale a questi alimenti, pensando a noi stessi come persone cattive per mangiarli”, dice a proposito la Solovieva.
Questo paradossalmente può aumentare il nostro desiderio verso gli stessi cibi che stiamo cercando di evitare. Quando i ricercatori dell’Arizona State University hanno mostrato a persone sottoposte ad una dieta restrittiva messaggi negativi relativi a cibi non sani, queste persone hanno manifestato un aumento del desiderio tale per questi alimenti che li ha portati a mangiarne di più (2).
È anche vero che alcune persone riescono a limitare alcuni alimenti “cattivi” per un po’, ma, per la maggior parte delle persone la voglia alla fine prevale sulla loro capacità di limitare. E quando mangiano qualcosa di “cattivo”, si sentono in colpa. Quindi mangiano ancora di più e potrebbero persino smettere di cercare di raggiungere i loro obiettivi. Questo può creare un circolo vizioso, come mostra il grafico qui sotto.
Ora, cerchiamo di essere chiari: per alcune persone, per alcuni alimenti potrebbe essere una sfida persa in partenza, almeno all’inizio. Potrebbero decidere che, se si trovano dintorno determinati alimenti, comunque ne mangeranno troppo, quindi preferiscono sbarazzarsene totalmente.
Questa strategia può funzionare. In effetti, incoraggio piuttosto le persone ad eliminare dalla cucina quegli alimenti che si tende a mangiarne troppi.
Ma non è la stessa cosa di etichettare un alimento come “cattivo”.
Quando etichettiamo gli alimenti come “qualcosa che tendo a mangiarne troppo” invece che “cattivo”, siamo più propensi a rilassarci, rimanere flessibili e, potenzialmente, diventare qualcuno che può godere dello stesso cibo, ma con moderazione.
Motivo #4 – Classificare gli alimenti come “buoni” e “cattivi” può funzionare, ma di solito solo per poco tempo.
Avendo assistito parecchie persone, posso dire con sicurezza che “tutto o niente” quasi mai fa ottenere “tutto”.
Invece, spesso si ottiene “niente”.
Ad esempio, quando qualcuno decide di smettere di mangiare cibi “cattivi”, di solito si sforza davvero di rimanere fedele al proprio obiettivo. Si impegna e può persino riuscire a evitare un lungo elenco di cibi proibiti … ma solo per un po ‘.
Poi qualcosa va storto.
Magari vanno al lavoro e scoprono che un collega ha lasciato dei biscotti farciti fatti in casa sulla scrivania.
Oppure passano la giornata “a stecchetto” e la sera si ritrovano a testa in giù dentro un barattolo di gelato mentre pensano “così non va bene…”
O magari guidano per ore per far visita a parenti e cosa trovano da mangiare? Solo ciò che hanno messo nella lista di cibi proibiti.
La rigidità – buona o cattivo, tutto o niente – è nemica della coerenza.
D’altro canto, la flessibilità ti aiuta a rimanere più coerente. Questo perché ti consente di poterti affidare a tutte le soluzioni disponibili.
La flessibilità consente inoltre alle persone di utilizzare la propria “guida interna” (consapevolezza), anziché le regole esterne di qualcun altro, per decidere quali alimenti mangiare, quando mangiarli e perché.
Quindi, ad esempio, invece di evitare i dolci solo perché un sito di salute ha detto di smettere di mangiarli, qualcuno potrebbe chiedersi:
- Ho fame?
- Sono stressato?
- Ne vale la pena questo cibo?
- Cos’altro ho mangiato oggi?
- Cosa mi permetterebbe di apprezzare veramente questo cibo, senza esagerare?
Quella “guida interna” – che poi si traduce in consapevolezza – potrebbe consentire a quella persona che ha trovato i biscotti farciti in ufficio di dire: “Eh si, mi piacciono molto, ma me lo terrò per il dopo pranzo, quando non sarò così affamato, così posso mangiarlo lentamente ed assaporalo sul serio“.
O quella persona che è a testa in giù nel barattolo del gelato potrebbe dire: “Va bene, questo era probabilmente più gelato di quanto il mio corpo avesse davvero bisogno. Vero, non ci si può girare intorno, ma come posso evitare di ripeterlo in futuro? Ci sono altri modi con cui posso consolarmi senza dover assaltare il frigorifero?”
E per quella persona che si ferma dai parenti, la flessibilità e la consapevolezza gli consentiranno di fare delle scelte e optare per il pasto migliore per se in quel momento.
Motivo #5 – Va bene – ed è completamente normale – mangiare per piacere
Il cibo ha molti scopi che vanno ben oltre il semplice riempire il corpo con sostanze nutritive e calorie.
Alcuni alimenti non sono necessariamente carichi di sostanze nutritive, ma:
- Hanno un sapore incredibile.
- Ci legano ad amici e parenti.
- Ci danno senso di appartenenza.
- Danno valore a celebrazioni, feste, ricorrenze ecc ecc.
In altre parole, il cibo non è solo carburante. È anche amore, cultura, piacere e molto altro ancora.
Quando pensi al cibo in questo modo, tutto – persino la torta speciale super-farcita di tua nonna – può avere uno scopo e un posto.
Invece di un elenco di alimenti che puoi o non puoi mangiare, hai invece la possibilità e la consapevolezza di fare delle scelte. Così avrai cibi che scegli di mangiare per energia, piacere, salute e molte altre ragioni importanti.
Motivo #6 – Quando siamo ossessionati dai “cibi cattivi”, ci limitiamo nella capacità di evolverci.
L’astensione rigida può insegnarci a diventare davvero bravi a… astenerci.
E se ti trovi bene astenendoti da un lungo elenco di alimenti per il resto della tua vita, non c’è niente di sbagliato in questo approccio.
Ma se ti senti a disagio e non ti senti bene con una specie di condanna all’ergastolo senza biscotti, senza dolci, senza torta, senza pane e senza pasta, allora potresti essere contento di sapere che esiste un approccio alternativo. Si tratta di incuriosirsi sul motivo per cui si lotta per moderare il consumo di determinati alimenti.
Considera:
- Cosa porta a sentirsi fuori controllo?
- Che cosa fa scattare i pensieri “Ho bisogno di questo” e “Non riesco a smettere di mangiarlo“?
- Quando è possibile mangiare questo cibo in quantità moderate (se è il caso)?
- Quando no?
Il punto: piuttosto che concentrarti sui “cibi cattivi”, cerca tra i motivi sottostanti (chiamati trigger) quelli che ti portano a “lottare”.
Un trigger può essere:
- Una sensazione. Potremmo mangiare di più quando siamo stressati, soli o annoiati. Il cibo riempie il vuoto.
- Un’ora del giorno. Mangiamo sempre un biscotto alle 11 del mattino o una bibita alle 3 del pomeriggio. Fa solo parte della nostra routine.
- Una impostazione sociale. Ehi, tutti gli altri stanno bevendo birra e mangiando patatine, vado anche io all’happy hour!
- Un posto. Per qualche ragione, un cinema, una località particolare o la cucina dei genitori potrebbero farci desiderare di mangiare qualcosa.
- Un modello di pensiero. Pensare che “io me lo merito” o “la vita è troppo dura per mangiare verdura” potrebbe farti andare nella direzione sbagliata.
Per scoprire i trigger, spesso chiedo di tenere un diario alimentare, scrivendo tutto ciò che mangiano e bevono per una settimana o due. Quando si trovano a desiderare qualcosa o di sentirsi fuori controllo, gli chiedo loro di annotare le risposte a domande come:
- Cosa sto provando?
- Che ore sono?
- Con chi sono?
- Dove sono?
- Che pensieri sto avendo?
Ci si avvicina ad una mentalità di “feedback per il non fallimento”.
Il punto non è punirti perché fai qualcosa di sbagliato. È per aiutarti a valutare cosa sta realmente succedendo.
Una volta compreso il motivo per cui stai ricercando questi alimenti, sarò meglio attrezzato per suggerirti azioni che ti aiutino davvero a spostarti verso una relazione più sana con tutti gli alimenti.
L’evoluzione dell’uomo senza alimenti cattivi
Domenico è cresciuto leggendo riviste di body-building. Per la maggior parte della sua vita, ha pensato che le verdure, il petto di pollo, i bianchi d’uovo, le patate dolci, l’avena e alcuni altri alimenti fossero “buoni”.
Tutti gli altri alimenti? Cattivi.
A dire il vero, queste distinzioni non lo hanno interessato fintanto che non ha cercato di perdere massa grassa.
Ma una volta che ha iniziato a provare a limitare la sua assunzione, l’etichetta “cattivo” ha funzionato come un faro che lo ha attirato direttamente al gelato.
“In quel momento ero tipo “Oh, questo è un problema“, racconta.
Per diversi mesi, si è astenuto completamente da tutti i dolci. Non ha mangiato zucchero, per niente.
Ma sapeva già che non sarebbe stato un modo sostenibile o piacevole di vivere.
Dopo aver applicato le strategie che hai visto sopra invece Domenico ha iniziato a visualizzare il suo elenco di cibi cattivi in modo diverso. Invece di vedere il gelato come “cattivo”, lo ha considerato come “un cibo che mi piace, ma rallenta i miei progressi”.
Quella nuova etichetta gli ha permesso di considerare come e in quali condizioni convivere con questa dolce sorpresa.
“Ora, se lo mangio, sarà in determinate condizioni in cui potrò sentirmi felice“, dice.
Ad esempio, adora concedersi un gelato nei negozi che lo preparano fresco quel giorno. Ma il gelato di qualità inferiore per lui non ne vale più la pena.
Oggi Domenico è più leggero di 45 chili e sta aiutando altri a seguire le sue orme.
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“Se non ci sono cibi buoni o cattivi, come si può allora sapere cosa mangiare e cosa limitare?”
È una storia che si sente spesso.
Questo perché alcune persone presumono che “nessun cibo è cattivo” sia sinonimo di “tutti i cibi sono buoni, quindi mangia quello che vuoi”.
Ma non è proprio quello che sto dicendo.
Sto invece dicendo questo: piuttosto che dividere il cibo in sole due categorie – buoni e cattivi – di solito è più utile per la maggior parte delle persone vedere il cibo come una sequenza di mangiare troppo, mangiare un po’ meno ed infine mangiare di meno.
Inizialmente, questo potrebbe semplicemente sembrare un altro modo di ordinare il cibo in categorie, ma non lo è.
A differenza delle liste di cibi cattivi, che tendono ad essere universalmente rigide, una sequenza “permette a tutto di essere contestualizzato e personalizzato”.
“Se il mio obiettivo è il guadagno muscolare, la mia sequenza sarà diversa se il mio obiettivo è invece la perdita di grasso”.
Una volta che le persone hanno definito quella sequenza per sé, lavoro con loro per trovare il modo di includere più alimenti “che si possono mangiare di più” e meno “he si possono mangiare di meno”, con l’obiettivo di rendere ogni pasto un po’ migliore.
Ad esempio, Domenico era un cliente che voleva perdere grasso. Ecco come il concetto “solo un po’ meglio” gli ha fatto evolvere un tipico pranzo da fast-food.
Alla fine è arrivato allo stesso risultato come se avesse fatto elenchi di alimenti proibiti, ma lo ha fatto a piccoli passi e in un modo che alla fine è risultato più sostenibile.
Inoltre, non significa che non avrebbe mai più potuto avere un cheeseburger con doppio bacon e patatine. A volte gli capita di farlo, gli piace, ma alle sue condizioni.
Vita da Coach!
“Il mio assistito crede nei cibi cattivi, come se fossero una religione. Aiuto!”
Se dici ai tuoi assistiti che “non ci sono cibi cattivi” di solito ti guardano persi nel vuoto.
In questo caso fai finta di niente, dice Kate Solovieva.
Assumi una faccia da giocatore di poker e fai domande che sembrano ovvie.
Ciò che segue è una conversazione che Solovieva ha avuto con un suo assistito proprio su questo argomento.
- Assistito: I cibi cattivi sono il mio problema. Devo eliminarli, ma non riesco proprio a toglierli.
- Coach: Allora, puoi dirmi qualcosa in più. Quando parli di eliminare i cibi cattivi, cosa intendi?
- Assistito: togliere lo zucchero dalla mia dieta.
- Coach: Quindi quando dici zucchero, quali sono le cose a cui stai pensando?
- Assistito: Dolci. Cioccolato: il cioccolato poi è la mia debolezza.
- Coach: Quindi … ti piace davvero il cioccolato?
- Assistito: Assolutamente.
- Coach: Aiutami a capire. Cosa ti piace?
- Assistito: Non so se è la velocità con cui posso mangiare la barretta di cioccolato, o forse è il fatto che non posso mangiarlo sempre. Non lo so. C’è qualcosa nel cioccolato.
- Coach: Quindi, in un certo senso, ti fa sentire molto bene. E ovviamente ti dà piacere. Cosa te lo fa etichettare come cattivo?
- Assistito: è il conteggio ipercalorico e la quantità, la porzione.
- Coach: Quindi l’alto numero di calorie lo rende cattivo? Puoi spiegare?
- Assistito: Beh, per me, porta ad un aumento di peso.
- Coach: Quindi quello che sto ascoltando è che non è il cioccolato ad essere cattivo. È l’aumento di peso che non va bene, è giusto?
- Assistito: Praticamente si, esattamente.
- Coach: Quindi sono curioso di sapere qualcosa di più su quello hai detto. Tu ami il cioccolato. Ti piace. Ti piace il gusto. Quando ho chiesto perché è cattivo, mi hai parlato delle calorie e delle porzioni. Mi puoi dire di più?
- Assistito: Beh, non posso mangiare solo uno o due quadretti. Idealmente non dovrei mangiarne più di cinque quadretti, mezza barretta. Ma non ho quel controllo. Nel momento in cui lo assaggio, devo averne sempre di più.
- Coach: Quindi cosa succede quando non hai del cioccolato?
- Assistito: Sono passato mesi senza. Ed è fantastico! Ma poi finisco per mangiarlo, come in un’occasione speciale. E poi mi abbuffo. E così poi tutto precipita. Quindi starei meglio se non lo mangiassi affatto.
- Coach: cosa pensi che succederebbe se potessi mangiarne un po’… tutti i giorni? Apposta.
- Assistito: Non lo so … Non penso di avere quel controllo. Dovrei provare…?
- Coach: non lo so. Pensi che dovresti provare?
- Assistito: (sembrando incerto) Certo, forse posso provarlo
- Coach: Sembra che il tuo comportamento stia accadendo perché non puoi mangiarlo tutti i giorni. Quindi forse puoi provarlo come esperimento. Così vedi cosa succede se, ogni giorno, mangi questa cosa che ti piace. E quando lo mangi, se ne vuoi di più, puoi semplicemente ricordarti che puoi averne di più, ma domani. Mi segui?
- Assistito: Sì.
- Coach: è un esperimento che può spaventare, ma se decidi di provarci, fammi sapere, ok?
- Assistito: Ok, lo farò. Sono un po’ nervoso, ma ci proverò.
E poi la conversazione continua per definire l’esperimento: quanto cioccolato? A che ora del giorno? Come lo mangerai? E indipendentemente da ciò che l’assistito alla fine farà, indipendentemente dal fatto che provi il suggerimento o meno, “sarà in grado di tornare dal Coach senza sentirsi giudicato”, dice Solovieva. |
“Ma allora non è semplicemente più facile solo non mangiare determinati alimenti?”
Per alcune persone in alcune situazioni in determinati punti del loro percorso, sì.
Ma questa necessità di astenersi non deve essere una situazione permanente. Una volta sviluppate una serie di abitudini, molte persone possono passare dall’astenersi da determinati alimenti alla loro moderazione.
Ecco perché mi piace chiedere a chi assisto di considerare due domande sugli alimenti che pensano siano cattivi:
- Cosa fa questo cibo, per te?
- Cosa vorresti che ti facesse?
Ad esempio, forse, in questo momento, alcuni alimenti ti fanno sentire fuori controllo perché fai fatica a smettere di mangiarli una volta che inizi. Ma ti piacerebbe che diventassero semplicemente cibi che ti piacciono ma da prendere con moderazione.
Quali sono tutti i modi possibili per passare dal punto A (fuori controllo) al punto B (qualcosa che mi piace con moderazione)?
Ci sono dozzine di altre possibilità che non ho nemmeno elencato nella tabella sopra. Potresti provarne una. Potresti provarne diverse. Potresti provarle tutte.
Il punto: potresti scoprire che liberarti dalla mentalità “buono vs. cattivo” ti permetterà di scoprire più possibilità che non avresti mai pensato.
E, durante il percorso, potresti anche scoprire che questa mentalità più ampia e flessibile ti consente non solo di goderti ogni pasto molto di più, ma anche di raggiungere i tuoi obiettivi più rapidamente… e di mantenerli per sempre!
Riferimenti:
- Harrison R, Warburton V, Lux A, Atan D. Blindness Caused by a Junk Food Diet. Ann Intern Med [Internet]. 2019 Sep 3; Available from: http://dx.doi.org/10.7326/L19-0361
- Pham N, Mandel N, Morales AC. Messages from the Food Police: How Food-Related Warnings Backfire among Dieters. Journal of the Association for Consumer Research. 2016 Jan 1;1(1):175–90.
[articolo redatto in collaborazione con precisionnutrion.com]